La Repubblica (M. Juric) – Non era affatto facile. Esordire in casa sulla panchina che fino a quattro giorni prima era di proprietà di una bandiera come Daniele De Rossi. Che la domenica di Ivan Juric fosse difficile, ne era consapevole anche lui. Non a caso la vigilia era stata un sunto di pragmatismo e sintesi. In più l’atmosfera all’Olimpico. Dichiaratamente contraria ai Friedkin e a buona parte della rosa. La lettura delle formazioni è stato un susseguirsi di fischi per molti calciatori della Roma. Nel calderone, suo malgrado, è finito anche Ivan Juric. Fischiatissimo dall’Olimpico. Colpevole? No. Ma proprietario di quella panchina, che per tutti i tifosi giallorossi, doveva essere ancora di Daniele De Rossi. Finita qui? Certo che no.

Perché in questo clima di contestazione a far ulteriore rumore ci ha pensato il silenzio assordante della Curva Sud. Rimasta fuori dallo stadio per mezz’ora, come annunciato nei giorni scorsi. Settore vuoto, riempito solamente da uno striscione: “Non rispettate i nostri valori e le nostre bandiere. Da oggi torniamo alle vecchie maniere”. Trenta minuti di partita in cui la Roma ha giocato nel brusio dello stadio, rotto solamente dalle urla di Juric. Senza pace nell’area tecnica di fronte alla panchina. Accovacciato a studiare i movimenti dei suoi, in piedi ad urlare le indicazioni, a colloquio con il vice Paro, a passeggio lungo tutta la linea laterale. Fermo? Mai. A premiare l’abnegazione del croato ci ha pensato Dovbyk, con il gol del vantaggio. Un precario equilibrio psichico-ambientale rotto dall’ingresso sugli spalti della Curva Sud al 30′ del primo tempo. Al grido di “Daniele De Rossi”, in pieno sostegno all’allenatore messo alla porta solo pochi giorni fa. E contro tutta la dirigenza romanista.

A partire dalla famiglia Friedkin, assenti all’Olimpico, fino alla Ceo Lina Souloukou, dimissionaria cinque ore prima del calcio d’inizio. Nessun riferimento diretto, nessun coro contro. Ma una presa di posizione netta da parte del tifo più caldo: “Tifiamo solo la maglia”. Corredata dai fischi continui ai calciatori più rappresentativi. In tutto questo c’è stata una partita. Una bella partita della Roma. Che ottiene la prima vittoria in campionato: 3-0 all’Udinese, una delle sorprese di questo campionato. Juric annulla Runjaic e lo fa seguendo le sue idee. “Mi è piaciuta molto la prima Roma di De Rossi, quella della scorsa stagione. Vorrei riproporre quell’idea”. Detto, fatto. Dentro tutti i senatori, fuori tutti i nuovi acquisti. Ad eccezione di Dovbyk. Panchina per Soulé, Hummels, Hermoso, Abdulhamid, Dahl e Koné. So-prendente soprattutto quella del francese, giustificata prima della gara dallo stesso allenatore croato: “Gran talento, ma c’è da lavorare”.

Meglio affidarsi su quello che ha visto lo scorso anno e che gli è piaciuto in questi pochi allenamenti. E la squadra lo ha premiato con la carta della corsa e abnegazione. Provando a mettere in pratica già i primi dettami. Aggressività e verticalizzazioni. Tra i migliori Dybala, faro offensivo e Dovbyk, servito dai compagni al meglio e autore di un gol (e mezzo, annullato per fuorigioco). Brilla anche Pisilli, scelto ancora una volta come titolare a centrocampo. Il fischio finale è una liberazione. Per Juric che festeggia con il suo staff e dà il cinque a tutta la squadra. Con l’abbraccio finale con il ds Ghisolfi prima di correre dentro lo spogliatoio. Per la squadra meno. Subissata di fischi dalla Curva Sud, nonostante i primi tre punti della stagione.