José ritrova la sua Africa e vince contro tutto e tutti

Il Messaggero (A. Sorrentino) – È autunno Felix per José Mourinho, era ora, le cose a volte acquistano un senso all’improvviso, soprattutto se a indirizzarle c’è uno pratico, anzi uno Special, con la sua Africa. Autunno grigio invece per Napoli e Milan che scivolano per la prima volta. Le capolista insieme stavano, e stanno, e insieme cadono.

Cadono in piedi, dicono i giochisti, abbagliati dalle occasioni fallite; ma imbarcano pure un sacco di gol, che non è mai segno di gran salute generale. Scherzi del dopo-pausa, e di un campionato ricco di incertezza, frutto di debolezze sparse. La classifica si accorcia, ne approfittano tutti per avvicinarsi tranne la Lazio, di nuovo loffia e sorpassata dalla Roma.

Mourinho ha affrontato da califfo della panchina il micidiale combinato disposto di infortuni, attaccanti fuori fase, malumori interni e arbitri di petulante severità, ha ingoiato fango e commentini sarcastici su carrelli e bolliti, ha annaspato nell’emergenza assoluta con il forfait del positivo Cristante e l’esigenza di punire Zaniolo per insubordinazione (sarebbe ora diventasse una vera risorsa e non una grana, il ragazzo).

Ne ha cavato fuori un Mkhitaryan splendido interno di metà campo e rifinitore, ha atteso invano Abraham, ha chiesto e ottenuto aiuto dalla sua cara vecchia Africa, che ama e da cui è riamato, sotto forma di un ragazzino ghanese che si chiama come suo padre, Felix Mourinho. E tutto assume un senso compiuto. Ora la Roma può lanciarsi, perché è viva, eccome se lo è.

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