Corriere dello Sport (G. Dotto) – Se la domanda degli uomini scettici è: la Roma è in buone mani? La risposta degli uomini sereni è: assolutamente sì. Nelle mani giuste. A prescindere dalla vittoria di sabato con l’Atalanta, una vittoria alla Mourinho, partita di pura trincea, pallone su pallone.
La Roma è nella testa di Mou, la sfida della vita. Siatene certi. Chi vede nel portoghese un furbo e abile teatranti che, con le sue sceneggiate sugli arbitri, distoglie lo sguardo dalla squadra, prende un granchio enorme. La sconfitta per Mou è una frustrazione esagerata. Sofferenza pura. Più forte è la dedizione, più feroce la delusione, più drammatica la reazione.
E pure, questo José con tutta la sua storia e tutta la sua personalità avrebbe seriamente vacillato senza i tre fattori “T” che lo sostengono. Tiago (Pinto), i tifosi, i texani. Ha imparato a conoscerlo Tiago Pinto e ad apprezzarlo. Difficile che José ti regali subito la sua fiducia. Quando lo fa, difficile che torni indietro. José si fida di lui.
I tifosi. Tra gli amori inesplicabili di ogni tempo, prima o poi bisognerà provare a spiegare quello tra i tifosi della Roma e José Mourinho. Come tutte le vere storie d’amore prescinde dalla logica, dai risultati e dalla parità sociale o storica. José, l’aristrocrazia del calcio, è pazzo dei tifosi romanisti, gente che esulta ogni venti anni se gli dice bene. Loro, pazzi di lui. Erano 500 quel giorno a Ciampino, 3 mila lo stesso giorno a Trigoria, ora sono tutti, sempre e ovunque, allo stadio. Amore ricambiato. Incantato e “incitato”, Mou, dalla passione dei tifosi.
I texani. José sta bene anche con i Friedkin. Ha recepito la solidità di Dan, della sua testa vincente e solida di industriale. José è convinto che, nel giro delle due o tre prossime sessioni di mercato, avrà la Roma che gli serve per vincere il titolo che conta. Le tre “T” che lo avvolgono come una coperta calda, lo fanno sentire protetto. Indispensabili per uno come che vive di empatia.