Da Boston a Trigoria, il lungo viaggio della Roma nel 2011 ha segnato una svolta storica. L’avvento della prima proprietà straniera non è soltanto il fatto più importante dell’anno giallorosso, ma è lo spartiacque tra due epoche. È cominciato tutto a gennaio, quando gli uomini di Unicredit sono volati a New York per conoscere Mr. DiBenedetto e i suoi soci americani. La trattativa è entrata nel vivo mentre Ranieri a Trigoria cercava di tenere in piedi una squadra logora.
Un mese di illusioni, tra successi in campionato e il gusto di sfrattare dalla coppa Italia Lazio e Juventus, poi a febbraio l’inevitabile tracollo: fallita la sfida di Champions con lo Shakhtar e ripresa la discesa in campionato, il tecnico testaccino ha rassegnato le dimissioni. A Montella l’arduo compito di salvare il salvabile. Marzo si è riempito con l’addio dell’impresentabile Adriano, l’eliminazione senza gloria alla Champions, il quarto derby stagionale vinto e la rinascita di Totti. Ma la partita vera si è giocata fuori dal campo: DiBenedetto è sbarcato a Roma e dopo due giorni di trattative serrate è ripartito con una bozza d’accordo con la banca. Totti, intanto, ha tirato la carretta negli ultimi due mesi di campionato: con 13 gol, tutti condensati nei primi sei mesi del 2011, ha chiuso per l’ennesima volta l’anno solare da capocannoniere della Roma. Sforzi inutili in ottica quarto posto: i giallorossi si sono dovuti accontentare della sesta piazza valida per l’Europa League, mentre la corsa in coppa Italia si è fermata alla doppia semifinale con l’Inter.
Ma tutta l’attenzione, ormai, era altrove. Il 18 aprile a Boston la sigla dell’accordo preliminare per la cessione del club. I dirigenti Baldini e Sabatini, scelti dalla nuova proprietà, hanno iniziato a costruire le fondamenta della Roma made in Usa in gran segreto. Fino a giugno, quando Sabatini ha aperto l’era della svolta a Trigoria e i Sensi hanno lasciato dopo 18 anni al timone. Il passaggio dal vecchio a nuovo è stato traumatico in attesa del «closing» arrivato soltanto ad agosto dopo il rischio che tutto saltasse in aria. Montella ha salutato con tanti rimpianti, Luis Enrique è spuntato da Barcellona: a lui le chiavi della rivoluzione culturale. Sul mercato la squadra è stata letteralmente ribaltata: via Vucinic, Menez, Mexes, Riise, Doni, Julio Sergio e Brighi, dentro undici giocatori nuovi. I giovani Bojan, Lamela, Borini, Pjanic, Kjaer, Josè Angel e Nego, gli affidabili Stekelenburg e Gago, l’usato sicuro di Heinze e il discusso Osvaldo. La partenza è stata terribile: Roma sbattuta fuori dall’Europa League per mano del modesto Slovan Bratislava, con Totti sul piede di sbottare tra accuse di «pigrizia» e sostituzioni. Anche il campionato è iniziato malissimo, la prima vittoria a Parma, poi tanti bassi (compreso il derby perso) e pochi alti fino al possibile addio di Luis Enrique mentre Pallotta si è sostituito a DiBenedetto al comando della cordata Usa. Le ultime tre gare del 2011 hanno ribaltato le prospettive. Tra Juventus, Napoli e Bologna è nata davvero la nuova Roma.
Il Tempo – Alessandro Austini
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