Festeggiare il Natale con 35 gradi è il sogno di tutti, ma un privilegio di pochi visti i tempi che corrono. Fortunati i sudamericani, allora, a cui basta tornare a casa per godersi il sole e fregarsene di pandori e panettoni. Anche perché in Paraguay, ad esempio, la tradizione è diversa: si organizzano banchetti all’aperto, a base di asado. Ivan Piris, nella sua Asuncion, è dovuto andarci piano: all’alba c’è il volo per gli Stati Uniti (che raggiungerà con un giorno di ritardo rispetto ai compagni), all’orizzonte l’anno della consacrazione. Perché dopo un inizio così così, il piccolo Ivan sta diventando grande.
QUADERNO – Studiava ragioneria, prima di fare il calciatore: è un appassionato di numeri, gli piacciono le cifre, le statistiche, i record, tutti registrati. In un quaderno che custodisce gelosamente, dove dopo ogni partita appunta minuti giocati e presenze da titolare. Dopo l’interregno di Taddei contro Sampdoria e Juventus, una «X» ogni domenica, quindi: perché se dopo i primi errori (ricordate quelli contro il Bologna?), la sua carriera a Roma sembrava ricalcare le orme di José Angel, la stagione di Piris ha cambiato rotta, tanto da farlo diventare il secondo giocatore più utilizzato da Zeman, dopo Totti. Merito di una «fede incrollabile», come la definiscono a Trigoria, ma anche di un’applicazione che lo ha portato a perfezionare le diagonali — prima qualità che saltò agli occhi — e a imparare a spingere in maniera più ordinata. Sperando di aggiornare su quel quaderno anche il numero degli assist, fermo a due dopo la «doppietta» di Genova.
PARADOSSO – Non è un caso, allora, che la pista che portava al tedesco Jung si sia raffreddata (anche se dal Brasile rimbalza l’interesse per il 22enne Bruno Peres del Santos): se il terzino era la priorità, ora l’idea è quella di andare in porto così fino a fine stagione, quando per riscattare Piris serviranno altri quattro milioni.
ASPETTANDO DODO’ – Stesso discorso per la fascia sinistra, dove Sabatini si cautelò in estate con Balzaretti, aspettando Dodò. Fosse il suo ginocchio stato curato diversamente nell’immediato post-operatorio, il brasiliano sarebbe già pronto: Zeman non lo ritiene tale, e a questo c’è da aggiungere il fattore psicologico del rientro, che in un 20enne ha il suo peso. Piris, invece, a quell’età già giocava nel Cerro Porteño, aveva esordito in Libertadores e poco dopo anche in Nazionale. Precoce in tutto, anche nel mettere su famiglia: a Roma, nella sua casa di Casal Palocco, ci sono anche la moglie e il figlio Kevin, di 2 anni, la sua grande passione. Come i numeri, e quel quaderno da aggiornare.
Gazzetta dello Sport – Marco Calabresi