Daniele De Rossi, è da sempre rispettato nel mondo del calcio. Su di lui, ha rilasciato alcune dichiarazioni anche il direttore di gara Massimiliano Irrati. Queste le parole rilasciate in un’intervista a la Repubblica:

De Rossi sarebbe stato un grande arbitro: conosceva il regolamento alla perfezione. Quasi ti metteva in difficoltà.”

L’intervista continua poi con le dichiarazioni sul passaggio alla gestione del Var:

Arbitrare con gli auricolari fu un trauma. Mi destabilizzò al punto che all’esordio, nell’intervallo, chiesi ai guardalinee: se riuscite, non mi parlate, sennò non capisco nulla. Una scelta, quella di sedersi dietro al Var, che è stata spontanea, senza che nessuno me lo chiedesse. Perché è un’attività talmente specializzata che serve farlo per il 100% del tempo. In campo serve avere un impatto anche irruento con i calciatori, in cabina no. Un Var deve essere stato arbitro di alto livello, o almeno della stessa categoria in cui va a operare. Ma anche Uefa e Fifa hanno preso questa strada: quando diventi élite fai solo una delle due”.

Fare entrambe le cose è rischioso

“L’ho provato sulla mia pelle: quando sei arbitro pensi sempre a quello, ti alleni per quello, ma poi se vai a fare il Var puoi essere focalizzato anche sull’aspetto arbitrale: non dico giustifichi la decisione presa sul campo ma rischi di solidarizzare con lui e anche se la decisione può essere sbagliata dici ‘so cosa si prova, non voglio rovinargli la giornata’. Non serve assolutamente questo, serve tecnica arbitrale e una distanza che il terreno di gioco non ti dà, perché è passione, coinvolgimento emotivo. Componenti che il Var deve il più possibile eliminare. La tranquillità deve essere trasmessa all’arbitro, perché se l’arbitro sente un Var agitato, si chiede: sarà in grado di valutare serenamente? Ma vi assicuro che nella cabina non sei tranquillo, l’adrenalina è alta lì dentro: l’arbitro ha come paracadute il Var. Il Var non ha nessun paracadute”.

È favorevole a trasmettere l’audio del Var in tv?

“Spero non si prenda sempre solo l’audio della cosa che crea discussione. Avete sentito l’audio famoso di Juve-Bologna? Ecco, quel giorno ne abbiamo fatti sentire tre e si è parlato solo di quello. Ma forse se fa notizia solo l’errore, vuol dire che la normalità è che facciamo le cose bene sempre. Poi, se tu scrivessi bene 99 articoli e ti pubblicassero solo uno in cui hai fatto un errore, come ti sentiresti? Un Var non ha tanto tempo: se un arbitro ha un secondo, noi ne abbiamo dieci”.

È vero che gli arbitri vengono scelti anche in base all’aspetto fisico?

“C’è stato un periodo, è vero. Ora siamo tornati un po’ alla sostanza dell’arbitraggio. E con questo non voglio dire che i nuovi non siano bei ragazzi, ma si è capito che non basta. È un inizio, come ti presenti da arbitro un impatto può averlo. Ma è la sostanza che fa la differenza. L’arbitro ormai è un atleta come i giocatori”.

Irrati si è mai sentito minacciato?

“Per assurdo, più sali in alto più sei protetto, nonostante ci siano più tifosi e più possibilità di interazioni. Il problema grosso è nelle categorie inferiori: l’ho vissuto direttamente, ma mai con aggressioni fisiche e mi ritengo fortunato. Non voglio dare responsabilità a un allenatore di Serie A se viene picchiato un arbitro in provincia. Ma certe scene di proteste non aiutano. Purtroppo però queste sono ormai la normalità, e non conta nord o sud: le aggressioni sono settimanali ovunque, in ogni sport, anche una lite a un semaforo può degenerare in cose più gravi”.