L’involuzione e la conseguente crisi di risultati della Roma sono evidenti. La serie di pareggi ha permesso la fuga della Juventus, consentito il pericoloso avvicinamento del Napoli e aperto il dibatto su cause e colpevoli. L’errore più grande sarebbe pensare che tutto sia compromesso o che la squadra sia stata sopravvalutata. Così come la stagione scorsa è stato giustamente esaltato il lavoro della società e dell’allenatore, è corretto oggi indicarne gli eventuali errori di strategie e gestione. Da due mesi a questa parte, tranne qualche eccezione nelle singole gare, sono tutti i calciatori a giocare al di sotto delle loro potenzialità. Non è dunque un problema di singoli, o degli avversari che ne hanno preso le misure. Il motivo è semplice: la squadra non corre, non ha la brillantezza fondamentale soprattutto per il suo gioco. Esce nella ripresa perché ha fondo nelle gambe, qualità tecnica e gli altri inevitabilmente calano. Sorprende che Garcia non abbia preso le doverose contromisure, anche tattiche, per impedire le bambole dei primi 45’ di gioco. Le assenze sono una giustificazione che regge fino a un certo punto.
Castan, Strootman e Iturbe, sono infatti le eccezioni a 18 infortuni muscolari, troppi per invocare solo la sfortuna.
Se Garcia appare meno incisivo di un campionato fa, anche la società sembra meno lucida e tempestiva. In estate non ha considerato che alcuni giocatori fondamentali avrebbero avuto un anno di più, e al mercato di gennaio ha sbagliato i tempi di reazione. Il caso Destro, in uscita ed entrata, è emblematico. La sensazione che si stia buttando un’occasione è forte, ma l’arrivo dei nuovi acquisti e le tante partite da giocare, (Europa League e Coppa Italia comprese), lasciano pensare che la storia deve ancora essere scritta. A proposito di storie, belle e affascinanti sono quelle di Sarri e Di Francesco, esempi di un’Italia calcistica che ha ancora tanto da poter regalare.
Il Messaggero – M. Caputi