La Repubblica (P. Torri) – I Friedkin giocano a golf in Scozia in un torneo per Vip (parola insopportabile). Juric gioca con le figurine e le parole, offendendo l’onestà intellettuale anche di chi un quoziente intelligenza rivolto verso il basso. La Roma, semplicemente, non gioca a calcio, scrivendo in Svezia una delle peggiori pagine della sua storia.
Il risultato, volendo sintetizzare con poche parole, è una Roma abbandonata a se stessa, svuotata di idee, una barca lasciata alla deriva da una proprietà che si è allontanata come ha capito di aver sbagliato tutto, incapace non solo di metterci le parole, quelle non le hanno mai pronunciate, ma anche la faccia dopo un inizio di stagione terrificante.
Sarà il caso che la famiglia texana, si renda conto che la Roma è una cosa seria per milioni di persone, non un vanity asset tanto per ostentare una ricchezza esagerata. Quando arrivarono ci dissero con uno di quegli slogan che tanto piacciono agli americani ma che di fatto non significato nulla, che sarebbero stati i custodi della storia e della tradizione di un club iconico, altra parola che gli piace tanto. Non lo stanno facendo. È questa è una colpa grave.
Il club, complice pure la dottoressa Souloukou che per fortuna non si aggira più per i corridoi prima di viale Tolstoj, oggi di Trigoria, ora è una società che non c’è. Le conseguenze si vedono in campo, con una squadra costruita male e gestita peggio, senza un minimo di identità, con un gioco al rallentatore, con giocatori impauriti e scarsi oltre i propri limiti, con un tecnico arrivato da un paio di settimane che tutto ha fatto meno che provare a dare un nuovo orizzonte a una squadra destabilizzata dall’esonero incomprensibile dell’unico cuore romanista che era rimasto a Trigoria.