La Repubblica (G. Foschini) – Sarebbe potuta finire molto peggio. Peggio di un ferito e dell’arteria principale d’Italia bloccata per la violenza di qualche centinaia di delinquenti. Perché quello che è accaduto ieri “alla stazione di servizio di Sandri”, come scrivevano i tifosi nelle chat sequestrate ieri dalla polizia è soltanto l’ultimo atto di un copione che si ripete da troppi anni sulle strade e negli stadi d’Italia. E che non ha conosciuto questa volta un finale tragico solo grazie al lavoro di prevenzione fatto nei giorni precedenti. E alla fortuna, che in questi casi è cruciale.
L’allarme sulla domenica era sulle scrivanie della polizia già da giorni. Da quando il calendario e gli orari dei match (il Napoli in campo a Genova alle 18, la Roma a Milano alle 20,45) aveva favorito un possibile incrocio tra due tifoserie che da sempre (1987, 2001 fino alla morte di Ciro Esposito nel 2014) cercano pretesti per potersi picchiare. Per questo il Dipartimento di prevenzione aveva predisposto un sistema di monitoraggio degli autogrill, in particolare in Toscana: Badia al Pino est, Arno e Montepulciano, con le ultime due stazioni di servizio considerate molto a rischio con la celere schierata
Ma le due tifoserie cercavano lo scontro. I gruppi organizzati erano partiti armati, come hanno dimostrato le perquisizioni effettuate dopo gli scontri. I napoletani hanno deciso di fermarsi per primi. Perché per primi erano partiti. E, dunque, per primi si sono resi conto che la stazione di Badia era quella meno presidiata.
Erano in 350, preparavano l’agguato. La polizia ha bloccato l’ingresso ma, nonostante questo, al primo van di romanisti sono partiti i lanci degli oggetti. “I napoletani sono alla stazione di Sandri” hanno avvisato così gli altri gruppi che arrivavano da Roma. Il resto è cronaca, con la guerriglia sull’autostrada e l’ennesima vergogna che nell’immaginario pubblico sembrava ormai un vecchio ricordo ma che invece gli analisti in qualche modo aspettavano