Tuttosport (S.Carina) – Tutti pazzi per Spalletti. Quattro vittorie consecutive non nascono per caso. E più degli arrivi di Perotti o El Shaarawy, del ritorno al gol di Dzeko o della ritrovata verve di Salah, va dato merito al tecnico di essere riuscito a riprendere per i capelli una stagione che rischiava di scivolare via senza appello. Paradossalmente, i risultati non sono nemmeno lo specchio fedele del lavoro dell’allenatore. Perché in un paio di circostanze (Sassuolo e Sampdoria) la Roma è stata (anche) fortunata; perché col Frosinone non ha incantato e perché l’altra sera a Modena, il Carpi è riuscito a imbrigliare la manovra giallorossa per tutto il primo tempo. Per carità, il recupero in classifica, esser tornati in attesa di Fiorentina-Inter al terzo posto, è certamente l’aspetto più significativo del nuovo corso. I 4 successi di fila hanno fatto la differenza visto che la Roma, da ottobre, non era stata più capace di produrre una striscia tale (in quel caso arrivò a 5 e diventò prima). Ma dietro ai risultati c’è altro. La mano di Spalletti si vede dalle piccole grandi cose che peseranno, queste sì, nella corsa alla Champions.
LA MANO DI LUCIO – In primis, sulla tenuta atletica. Le parole di Castori a fine gara («Non mi aspettavo che la Roma non calasse nel finale») è sinonimo che il lavoro profuso dal tecnico toscano e dal suo staff sta iniziando a dare frutti. Il preparatore atletico Norman e l’uomo messo dalla società, Lippie, seguono le tabelle stilate dall’allenatore e non viceversa, come accadeva con Garcia. I risultati sono evidenti: da 45 minuti, la Roma ora è salita come autonomia almeno di una mezz’ora e non è un caso che l’altra sera i gol di Dzeko e Salah siano arrivati a sei e cinque minuti dal termine. Ma oltre le gambe, che finalmente iniziano a girare, c’è di più. Spalletti, infatti, è un allenatore che legge le partite e sa cambiare in corsa atteggiamento tattico e uomini. L’altra sera la gara l’ha vinta quando ha capito che la Roma faticava a sfondare al centro e serviva quindi sia allargare le ali che inserire un palleggiatore in più. Dentro Pjanic, fuori El Shaarawy e squadra che è passata al 4-1-4-1. Così facendo Perotti e Salah si sono allargati e proprio dal mismatch tra l’egiziano e Letizia sono nate le due reti della Roma. Con Garcia, da tempo, evoluzioni tattiche di questo tipo non accadevano più. I giallorossi partivano in un modo e finivano sempre uguali a se stessi, rendendosi così prevedibili. Parola che considerando i moduli adottati in appena un mese (3-4-1-2, 4-3-3, 4-3-1-2, 4-2-3-1, 4-1-4-1) non alberga più a Trigoria.