Il Tempo (T. Carmellini) – Stanno fermi… «almeno non fanno più danni» dice qualcuno consapevole di quanto successo in questa ultima stagione giallorossa ormai compromessa. Il soggetto, anzi i soggetti, nemmeno a dirlo sono Dan e Ryan Friedkin che da quattro anni guidano la Roma. Un periodo particolarmente tumultuoso (quattro allenatori in quattro anni) che è culminato con l’addio «forzato» a De Rossi e l’arrivo di Juric: grande svolta (?).
E l’onda lunga dei danni fatti dalla gestione Souloukou che, dopo essersi fatta terra bruciata attorno, ha lasciato (gioco forza) la Roma con una mano davanti e una dietro. E il danno sulla gestione De Rossi è stato anche doppio. Una collaborazione, sulla quale i due imprenditori americani, hanno messo una pietra tombale subito dopo l’esonero con quel «non era la persona adatta per vincere trofei» che non solo ha lacerato l’orgoglio di DDR e l’umore dei tifosi romanisti, ma ha anche tagliato definitivamente i ponti con l’unico uomo che la tifoseria avrebbe accettato senza colpo ferire a questo punto della stagione. Con quale faccia si potrebbero presentare ora da Daniele e chiedergli di tornare!? Altro che mea culpa… in ginocchio sui ceci modello corrazzata Potemkin.
Nessuna rivoluzione quindi, nessuna presa di posizione sull’operato di Juric. A Trigoria è calma piatta. Cosi, mentre la Roma sprofonda in classica e con lei l’umore dei tifosi, nelle stanze del potere tutto tace. Chi deve tradurre e trasportare l’operato della dirigenza all’esterno, non può far altro che aspettare e rimandare al mittente le mille richieste di «chiarezza». Non ce n’è, per nessuno. E nonostante tutti pensano che il cammino del tecnico croato in giallorosso sia giunto alla fine, a Trigoria non c’è al momento chi può spiegare o far intendere cosa succederà da qui a breve. Di certo la frattura tra allenatore e squadra si è conclamata a Firenze. Difficile capire come intervenire a questo punto, ma forse gli americani avranno optato per il «meno tocco, meno faccio danni»… ma forse anche per quello ormai è troppo tardi.