La Repubblica (M.Pinci) – Nel 1927 lo scudetto non era mai sceso sotto Bologna. Cinque piemontesi l’avevano vinto, con Casale, Pro Vercelli e Novese a arricchire il bottino di Juve e Toro. Poi Milan e Inter, Genoa e proprio il Bologna. Stop. La Capitale da quei discorsi era totalmente esclusa, quando le vincitrici romane del girone sud si erano giocate la finale con le formazioni del girone nord – tre volte la Lazio, una la Fortitudo, due l’Alba – i risultati erano stati imbarazzanti con goleade senza appello. Roma iniziava a soffrirne. In particolare ne soffriva un ometto di 43 anni con la passione per lo sport: Italo Foschi. Lo raccontano non troppo alto, l’occhiale pince-nez di moda in quegli anni e il vizio del fumo. Impossibile contare le sigarette bruciate in un giorno, più facile farlo con i fiammiferi: uno, al mattino, poi ogni sigaretta accendeva la successiva. Ma il vero vizio di Foschi era un altro: lo sport. Nonostante fosse abruzzese di Corropoli si sentiva romano e fascista: fu nominato segretario federale del Pnf dell’Urbe. Era bravo a unire, Foschi.
Il primo passo, da rappresentante Coni, fu spingere per l’unificazione delle leghe nord e sud in un solo campionato italiano. Era il 1926, e in cantiere aveva già un’altra unione. Piccole fusioni (l’Alba incorporò l’Audace, Fortitudo e Pro Roma divennero una cosa sola) divennero il preludio al progetto di Italo Foschi, diventato presidente della Fortitudo: fondare una squadra che unisse le realtà della Capitale in un unico sodalizio capace di sfidare ad armi pari i giganti del nord nel campionato a girone unico. Per la genesi scelse il proprio appartamento, un buon retiro che si trovava in via Forlì 16: l’Alba, di proprietà del deputato Ulisse Igliori e il Roman football club dell’avvocato Vittorio Scialoja, insieme alla Fortitudo costituirono il 7 giugno del 1927 l’Associazione Sportiva Roma. Per il primo documento ufficiale – l’ordine del giorno numero 1 – si attese fino al 22 luglio, per anni rimasta nella memoria come la vera data di nascita del club. E a 90 anni di distanza i tifosi ancora si dividono: curioso però che la prima partita, un’amichevole con gli ungheresi dell’Újpest vinta 2-1, si giocò il 17 giugno, giorno che 74 anni dopo portò il terzo scudetto del club.
Il primo trofeo – la Coppa Coni vinta nel 28, alla prima stagione battendo in finale il Modena – era di fatto un torneo di consolazione. Il primo derby, nel ‘29, lo decise il centravanti Rodolfo Volk, la prima vera icona romanista della storia. Un bomber da 103 reti in 5 anni da giallorosso, 7 soltanto nelle prime 9 sfide alla Lazio. Ma a Foschi non bastava l’idea di una squadra: voleva darle un campo. Nacque così il mito di Campo Testaccio (progettato da Silvio Sensi, papà di Franco, altro nome che riporta al terzo scudetto): le gradinate in legno giallorosse che tremavano e rumoreggiavano battute dai piedi dei tifosi, divennero il teatro di imprese epiche. Su tutte, il 5-0 alla Juventus del marzo 1931: un successo che ispirò persino un film. La Roma era entrata nel futuro.