La Repubblica (M.Crosetti) – Vincendo in questo modo a San Siro, con questa specie di Polifemo dell’area, il ciclopico Dzeko (27 gol, più di tutti lassù nell’Olimpo), è come se la Roma accompagnasse se stessa al cospetto della Juve, domenica, con la faccia cattiva. Dall’Olimpo all’Olimpico. E sarà anche vero che Totti e Spalletti non si prenderanno lo scudetto, ma potranno (potrebbero) prendersi una giornata particolare. Primo: evitare lo sberleffo di un tricolore bianconero dentro casa. Secondo: levarsi la soddisfazione. Sette punti in meno della Juventus a tre giornate dalla fine restano tanti, mai quanto i rimpianti per non avere neanche provato a giocare il derby. Battendo la padrona, si salirebbe comunque a -4 e si starebbe a guardare. Guardare, anche, la Juve che all’Olimpo/Olimpico tornerà tre giorni dopo, il 17 maggio per la finale di Coppa Italia contro quel pallottoliere di squadra che è la Lazio: 16 gol in 3 partite, esagerati. La possibile catalessi è scongiurata, grazie al Toro indomito e a una Juve un po’ disossata e sghemba nella misura, una squadra che incredibilmente ha cominciato a giocare male: 2 punti in 2 partite, pareggi brutti, qualcosa che non è da Juve. E domani c’è il Monaco per arrivare davvero a Cardiff, dove ogni stanza d’albergo e ogni volo sono già prenotati, l’incredibile esiste ma non fino al punto di immaginare la Juventus eliminata dai francesi.
Mentre i campioni d’Italia rifiatano, Roma e Napoli proseguono un’eccellenza che non è normalità, purtroppo per loro c’è stata una squadra marziana che troppo tardi sembra quasi umana. A margine del turnover, va detto che Gonzalo Higuain ha portato 19 punti a Torino, oltre alla doppietta che vale la finalissima. Higuain, che era del Napoli. E Pjanic, che era della Roma. Juve vampira. L’e- satto contrario delle “milacinesi”, di nuovo sconfitte con rumore di bicchieri in frantumi.