La Stampa (G.Buccheri) – Il ritorno alla normalità è come siglare una pace ad orologeria. Quanto dureranno i sorrisi, immortalati ieri dal canale tematico di casa Roma, fra i duellanti Totti e Spalletti? Devono durare almeno fino a quando la matematica non consegnerà alla proprietà Usa il pass per la Champions League, seppur passando dal rischio dei preliminari di agosto: questa è il piano di volo romanista, derogare significherebbe un dramma sportivo per tutti.
Solo in campo – Pace, o meglio, tregua a tempo. Così impone la causa comune e, così, ha chiesto il patron americano James Pallotta, sobbalzato dalla sedia alla notizia della sfida verbale (e non fisica) dopo il 3 a 3 di Bergamo fra il suo allenatore e il re di Roma. Totti si sente ancora un giocatore, importante, quasi decisivo anche se con il minutaggio in campo logicamente ridotto: il secondo tempo contro il Bologna (assist d’oro per l’1 a 1 di Salah) e i flash della gara di domenica all’ora di pranzo contro l’Atalanta (gol numero 310 e invito perché Dzeko segnasse, non lo ha fatto, il gol vittoria) hanno aumentano l’autostima dell’ex Pupone che di smettere con il pallone non ha assolutamente voglia.
Convivenza impensabile – Quali sono le vie d’uscita per l’eterno capitano che Pallotta vuole, fin da giugno, dirigente? Totti, fra poco meno di un mese sarà libero, dall’attuale contratto rinnovato solo due stagioni fa a cifre pesanti (circa 7 milioni di euro complessivi) e, ad oggi, da ogni possibile ruolo o incarico. Per la gestione a stelle e strisce, il dieci giallorosso avrebbe dovuto scegliere il modo più nobile per uscire di scena proprio durante quest’ultimo biennio: una cavalcata verso la gloria dovuta ad un giocatore fuori dalla normalità. Totti non ha scelto perché, come detto, con il pallone sente di avere ancora confidenza. E, allora? Pensare ad una virata verso una scrivania a Trigoria o ad un posto nello staff tecnico del club appare una svolta difficile, alla luce degli ultimi eventi. Difficile, infatti, è immaginare una convivenza con Spalletti nello stesso staff o con una dirigenza che, a quanto pare, Totti non percepisce sua. Così, la via di fuga, forse, più percorribile sarebbe appare quella di fare le valigie e cambiare vita, continente, abitudini. L’America, intesa come campionato, è più vicina di quello che sembra. Là ci sono Pirlo e gli altri e, là, l’ex Pupone potrebbe traslocare con i tre figli ed Ilary per due o tre anni.
Niente rinnovo – America, e non solo. All’orizzonte ci sono gli Emirati, ma anche la tentazione di misurarsi in una realtà ancora vera (la Champions con il Leicester, oggi di Ranieri?). Tutto rimandato, però, a fine stagione, con una variabile che spariglierebbe quanto detto fino ad ora. Quale? Se le ultime 5 tappe di campionato si trasformassero in un calvario, il futuro dello stesso Spalletti a Roma verrebbe messo in discussione e, per Totti, le scelte tornerebbero tre: il campo altrove, la scrivania, lo staff tecnico. Il capitano, per Pallotta, rappresenta la storia, ma, dalla storia, la Roma deve emanciparsi e con Totti non sarebbe possibile: gli umori della piazza non trovano spazio nelle riflessioni americane, così come gli assist o i gol del 10. Totti e Spalletti hanno litigato il 20 febbraio e ci sono ricascati due mesi dopo. «È una bravissima persona, andremo a cena insieme. Se smetto? Mai…», dice il capitano con il Tapiro d’Oro in mano. «Mi sono arrabbiato con lui perché in dieci minuti poteva fare due gol», così il tecnico (sempre) con il Tapiro d’Oro fra le mani. Modi di dire.