Il Messaggero (G. Lengua) – Tammy Abraham è irriconoscibile. O forse è tornato quello che era al suo ultimo anno al Chelsea: un giocatore da relegare in panchina e mettere ai margini della rosa. Ha difficoltà a inquadrare la porta, a prendere la decisione giusta, a controllare il pallone, a giocare di prima e a trascinare i compagni in difficoltà. Sei mesi fa era un leader, adesso è un soldato semplice. Ha chiuso la stagione con 27 reti, adesso è a 4. Un’involuzione evidente a chiunque e che probabilmente Mourinho ha capito prima di tutti.
Era il 12 settembre quando José al termine del 2-1 rifilato all’Empoli diceva: “Qualche giocatore si sente un po’ giù, invece deve capire che una squadra per migliorare ha bisogno di competitività interna”. Il riferimento era Tammy, non tanto per i gol che tardano ad arrivare (Lo scorso anno a questo punto della stagione ne aveva segnati 10) quanto per l’atteggiamento in campo che appare insicuro e sfiducia-to. Mou ha certificato che non si tratta di una questione atletica.
A difesa di Pellegrini, ad esempio, mette sempre in primo piano. Taspetto fisico e non ne discute mai quello mentale. Per Tammy è diverso, gioca male perché è distratto, E chissà, se hanno ragione i tabloid inglesi che tirano in ballo la crisi avuta in estate con la sua storica fidanzata Leah. Tutto sarebbe rientrato, ma l’equilibrio è comunque venuto a mancare e potrebbe aver inciso sul suo rendimento.