Il futuro che preoccupa De Rossi

La Repubblica (M.Crosetti) – E adesso bisognerebbe capire quale futuro ci consegna il campionato senza più Totti, il torneo appena finito con la Juve meno padrona del solito, la Roma possente e diseguale, il Napoli magnifico ma ancora troppo vulnerabile, l’Atalanta fresca di idee e gioventù, la Lazio che si nomina poco rispetto alla forza che ha saputo costruire. E poi il Crotone e la sua memorabile salvezza, meritatissima. Capire come si possa colmare la distanza tra i bianconeri, a caccia dell’Europa e poi del settimo scudetto consecutivo, e il resto del gruppo. A occhio, solo Napoli e Roma potranno provarci davvero nella stagione mondiale, non raramente atipica. Però pesano le parole calde di De Rossi, che si augura che la Roma non venga smantellata (ha usato proprio questa parola) e che dubita che il nuovo allenatore possa fare meglio di Spalletti: frasi come ombre, se pronunciate dal nuovo capitano. Il Napoli invece dovrà conservare tutta la sua perfezione d’attacco e rendersi più equilibrato e robusto, e se possibile più continuo e implacabile: 8 pareggi non sono una cifra compatibile con lo scudetto, e meno che mai lo sono le 7 sconfitte della Roma.

Il numero dei gol segnati è l’argomento a favore dell’ipotetica rincorsa: 94 ne ha fatti il Napoli, 90 la Roma contro i 77 della Juve di Higuain. È qui che le rivali dovranno infilare il grimaldello e forzare. Impossibile credere a un campionato di nuovo completo, e intero, senza la riapparizione di Milano, la città e le squadre. L’antica potenza finanziaria della capitale economica del Paese si è spostata in Cina, con esiti al momento imprevedibili. Ma l’Inter delle mille sofferenze ha bisogno di una ricostruzione totale (auguri a Spalletti, ottimo tecnico, pessimo psicologo e comunicatore), mentre il Milan malmenato pure a Cagliari chiude la stagione con pochissime certezze. Una, il portiere, è sotto scacco. Conosciamo Mino Raiola: i tifosi rossoneri non possono stare sereni. Prepariamoci a un’altra estate di mercati e mercanti, peraltro già cominciata, con l’inevitabile gioco di illusioni ottiche. Buon per la Juve che Allegri abbia davvero deciso di restare, mentre non poche panchine svolteranno (quest’anno ci sono stati 10 cambi, l’anno scorso 15,una maggiore stabilità è anche segno di serietà). Eppure, nell’attesa del nuovo è molto bello osservare come stia crescendo il nuovissimo. I gol dei “millennial” Moise Kean (Juve, classe 2001) e Pietro Pellegri (Genoa, addirittura 2001) hanno scritto l’ultima riga del romanzo di Totti. Ma forse, invece, era la prima.

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