Ci sono i due fedelissimi, Benitez e Sarri, e il trasformista Stramaccioni. C’è, soprattutto, il sistema guida della Serie A: è il 4-3-3 l’impianto di gioco scelto in maggioranza durante questa stagione dagli allenatori della massima serie, almeno come formazione di partenza rileggendo i tabellini di trentotto giornate di campionato. Il 3-5-2 seminato da Antonio Conte, che aveva attecchito in maniera imponente sulle lavagne tattiche dei nostri tecnici, si attesta appena dietro: del resto è stato soppiantato proprio alla radice juventina, visto che Massimiliano Allegri lo ha riproposto ma alternandolo in modo equivalente con il 4-3-1-2 (i due sistemi sono stati utilizzati 17 volte dai campioni d’Italia, che hanno aggiunto per tre volte il 4-3-2-1 e una volta il 4-3-3).
IL TRIDENTE La Juve ha vinto così ma a dispetto del dominio non rappresenta il volto tattico della Serie A. I cui contorni hanno una linea a quattro dietro e il tridente davanti: il 4-3-3 si è visto in ben 217 formazioni schierate ed è stato utilizzato almeno una volta da 14 squadre (Roma in testa, 33, poi Sassuolo con 32). Il ritorno di Zdenek Zeman, profeta del 4-3-3, non è stato fortunatissimo, ma incarna perfettamente la voglia rinnovata di un calcio attraente, magari interpretato con quell’equilibrio che non è mai stato il punto forte degli insegnamenti del boemo. Il tridente allarga il fronte d’attacco, movimenti offensivi, varietà di situazioni, anche copertura se i due esterni si sacrificano in fase di copertura (nella variante 4-5-1 che si è vista 10 volte). Ed è forse proprio questa ricerca di equilibrio – due mezzali a tutto campo più un centrocampista davanti alla difesa – che differenzia l’Italia dal resto d’Europa, dove il modulo-guida è quasi ovunque il 4-2-3-1, che di fatto prevede un centrocampista in meno e un fantasista in più.
I DOGMI Pian piano forse ci stiamo arrivando anche noi: il 4-2-3-1 si è visto in tutto 79 volte, lo hanno utilizzato 12 squadre. In testa, quasi ovviamente e forse non a caso considerando l’europeismo in questione, la squadra guidata da uno straniero, Rafa Benitez, uno dei due fedelissimi del campionato. Rafa non ha mai tradito il credo del 4-2-3-1, proposto 38 volte su 38. L’Italia del trasformismo non l’ha presa benissimo: l’ortodossia tattica è costata allo spagnolo più critiche che elogi. Quelli non sono mancati invece a Maurizio Sarri, dogmatico nella scelta del suo 4-3-1-2, impianto base oliatissimo nei movimenti non solo offensivi ma anche difensivi (la linea empolese si muove con sincronie sconosciute a gran parte delle altre squadre del campionato). Davanti, un trequartista «vero» – prima Verdi, poi ancora meglio Saponara – come quasi tutte le squadre, e sono state tante (14, per un totale di 141 formazioni schierate con il 4-3-1-2, più le 22 volte che si è visto il doppio trequartista nel 4-3-2-1), che hanno puntato sul «dieci»: uomini, finalmente, di fantasia e inventiva (Pereyra e lo stesso Tevez, Shaqiri e Hernanes, Honda, Eder…), non centrocampisti adattati.
SI DIRADA LA «TRE» Per tornare al discorso di partenza su Conte e i suoi eredi, il 3-5-2 è solo il terzo sistema più utilizzato (113 volte, da 13 squadre, il Torino in testa con 28). La difesa a quattro doppia nettamente quella a tre (o a cinque): 546 a 214. Con menzione speciale per Gasperini, profeta del 3-4-3, in qualche caso alternato al 4-3-3. Va notato invece come il 4-4-2, l’impianto più ortodosso partendo dal quartetto di retroguardia, sia quasi superato. Soltanto 48 volte gli allenatori sono ricorsi a questo sistema, con cui Maran – il più assiduo – ha dato continuità ai risultati-salvezza del Chievo.
I TRASFORMISTI L’Italia comunque si conferma patria della tattica (e magari per questo ha vinto la Juve capace di cambiar pelle). Sono stati complessivamente 17 i sistemi di gioco di partenza visti in Serie A in questa stagione. Dieci li ha utilizzati Andrea Stramaccioni con l’Udinese: è lui il re dei trasformisti. Strama ha girato e rigirato i suoi con frequenza quasi settimanale, passando dal 4-4-2 al 3-4-1-2, dal 3-5-1-1 al 4-3-2-1, fino a un insolito 3-3-3-1 o al 4-1-3-2 che si è visto altrove soltanto a Parma, dove Donadoni, costretto forse dalla diaspora cui ha assistito a stagione in corso, ha alternato 9 sistemi. In realtà, come l’Udinese ha cambiato tanto anche l’Inter. Ma qui entra in gioco il cambio netto di direzione: dal 3-5-2 (e varianti) di Mazzarri alla quasi imprescindibile difesa a quattro di Mancini, comunque declinata in tanti modi diversi. Da questo punto di vista, almeno sull’altra sponda milanese Pippo Inzaghi ha cercato la linea della continuità. Tante formazioni diverse, è vero, ma declinate quasi sempre allo stesso modo: qualche tentativo con il 4-3-1-2 (quattro volte) e il 4-2-3-1, soprattutto 4-3-3. Almeno su questo, in linea con il campionato.
Gazzetta dello Sport – A. Frosio