Il Tempo (M. Cirulli) – C’è un’immagine che descrive perfettamente Daniele De Rossi. 26 maggio 2019, uno Stadio Olimpico in lacrime saluta uno dei simboli della storia della Roma. Erano passati solamente due anni dall’addio di un’altra bandiera giallorossa. Tutti piangono, ma lui no. Daniele sorride, è circondato dalle sue due famiglie: la prima, composta da Sarah, Gaia, Olivia e Noah e l’altra, quella dei tifosi della Roma, i suoi eterni compagni. Una cerimonia di addio semplice, un giro di campo veloce e indolore fino a quando arriva sotto la Curva Sud, nel cuore della sua seconda casa. Qui Daniele si inginocchia, bacia il terreno e saluta i suoi compagni di viaggio.
Per 18 anni l’hanno sostenuto e sono stati rappresentati sul campo da quel ragazzo biondo di Ostia, da un fratello, un amico, un simbolo di tutti i romanisti nel mondo. Il rapporto di De Rossi con la sua gente si riassume in quel bacio, in quel gesto d’amore tanto semplice ma mai banale. 616 partite, 63 gol e 60 assist, una vita dedicata alla Roma con la quale non è riuscito a raccogliere quanto avrebbe voluto e soprattutto meritato: due Coppe Italia e una Supercoppa, oltre a uno scudetto solamente sfiorato.
A questi vanno aggiunti un mondiale e il suo unico campionato vinto in carriera, con il Boca Juniors. La scelta di giocare davanti alla «Doce» della Bombonera è fatta col cuore: mentre tutti andavano in MLS, Daniele, il giorno del suo compleanno, esattamente 4 anni fa, volava in Argentina. Giocherà solamente 7 partite, non riuscendo a realizzare il sogno di partecipare a un Superclásico contro il River Plate se non dalla panchina. E forse proprio stando alle spalle di Alfaro – tecnico del Boca – ha maturato l’idea che con il calcio aveva un conto in sospeso: diventare allenatore era il logico passo in avanti della sua carriera. De Rossi, che oggi compie 40 anni, attualmente è senza una squadra e passa il tempo con la sua prima famiglia, in attesa di poter chiudere un cerchio ricongiungendosi con la seconda.