Su 19 club di Serie A ben 11 non hanno voluto commentare le parole di Pallotta. È un silenzio assordante che svela quanto sia complicato recidere certi rapporti con le frange estreme del tifo, compiere quel cambiamento culturale auspicato dal presidente della Roma. Il giorno dopo il suo attacco via Twitter abbiamo contattato tutte le società del massimo campionato. I grandi club hanno preferito non pronunciarsi: Juventus, Milan, Inter, Napoli. Ma il mutismo, si sa, è trasversale: no comment anche da parte Palermo (con Zamparini che liquida: «Non guardo in casa degli altri, ogni presidente ha i suoi problemi, io i miei»), Torino, Sassuolo, Verona, Cagliari, Chievo e Parma, quest’ultimo giustificato dalla gestione fallimentare.
PRIMOGENITURA Ha parlato, eccome se ha parlato, Claudio Lotito, il primo patron a condurre una battaglia aperta contro gli ultrà violenti. E c’è tutto Lotito nella rivendicazione di tale primogenitura: «Pallotta ha ragione? Come Lotito ha ragione da 10 anni: sono stato il primo a farlo, è lui che segue me. Una sparuta minoranza di gente additata impropriamente come tifosi, dei delinquenti abituali, usa il calcio come cassa di risonanza. Dobbiamo avere il coraggio di fare una separazione netta dalle persone per bene che poi disertano gli stadi». Non generalizzare, non sparare nel mucchio, isolare i violenti. È sulla stessa linea Enrico Preziosi, presidente del Genoa: «Chi va allo stadio e paga il biglietto ha il diritto di applaudire così come di fischiare, a patto che mantenga un atteggiamento civile. Se, invece, si va oltre, allora queste persone vanno eliminate da un contesto simile. Comunque non si può individuare il male solo in una categoria di tifosi. Ho conosciuto tanti ultrà buoni. Purtroppo si sentono solo i soliti, pochi, che gridano. La tifoseria giusta, sana, gira le spalle o non viene allo stadio».
DIALOGO La riaffermazione dello stadio come luogo di civiltà passa anche attraverso la politica del dialogo con il tifo sano. La Fiorentina, attraverso il presidente Mario Cognigni, sostiene Pallotta, rivendica l’iniziativa del fair play e ricorda di essere «parte attiva nel supportare la Lega nel progetto Slo (Supporter liaison officer, cioè le figure che dovrebbero fare da collante tra club e tifoseria, ndr) affinché non si ripetano certe situazioni. Con il supporto dell’introduzione di regolamentazioni restrittive e con leggi adeguate che andranno fatte rigorosamente rispettare, potremmo riportare il calcio nella giusta dimensione: quella di uno spettacolo adatto alle famiglie e senza pericoli». Anche Atalanta, Cesena ed Empoli esprimono solidarietà a Pallotta: il d.g. Pierpaolo Marino parla di «presa di posizione giusta e condivisibile»; il presidente Giorgio Lugaresi dice che «pur utilizzando termini un po’ eccessivi, nella sostanza Pallotta ha ragione: è ora che i razzisti e i violenti vengano messi ai margini»; il presidente Fabrizio Corsi condivide la battaglia «al 100%» e riconosce come «in una realtà numericamente importante come Roma sia difficile l’attuazione di questo suo impegno». L’Udinese, col d.s. Cristiano Giaretta, ricorda l’esempio inglese: «Bisogna lavorare sulle strutture e serve il sostegno delle istituzioni a cominciare dalla Federazione».
FOLKLORE E infine c’è Massimo Ferrero. Il presidente della Sampdoria condanna gli striscioni «che generano violenza» ma mette l’altolà alla proposta annunciata ieri sulla Gazzetta dal presidente della Lega Maurizio Beretta, quella di arrivare a vietare tutti gli striscioni con scritte che non siano classici incitamenti alla squadra del cuore. «Attenzione a cancellare il folklore e il calore che il tifoso dà alla squadra del cuore. Che cosa vuol dire “togliere gli striscioni”? Bisogna specificare, avere coscienza civile e rispetto per la maggioranza delle persone che vive la partita con spirito sportivo. Togliamo gli striscioni, togliamo i colori, togliamo la passione e dopo che cosa resta? No alla violenza, sì allo sport. Sì al tifoso scanzonato, no al tifo premeditato. Non dobbiamo fare di tutta l’erba un fascio».