Pep Guardiola, tecnico del Manchester City, ha parlato nel corso della trasmissione “Che tempo che fa” su Discovery+ – insieme a Roberto Baggio (leggi QUI le sue parole) toccando vari temi. Queste le sue dichiarazioni:
È l’unico allenatore nella storia del calcio ad avere vinto due volte il triplete…
“Sono molto bravo. Scherzi a parte, ho avuto fortuna: sono stato in società fortissime. È andata bene, che posso dire”.
È stato lanciato come giocatore da Johann Cruijff…
“Nella vita bisogna incontrare le persone giuste al momento giusto. Io non immagino la mia vita calcistica senza di lui, senza quello che ho vissuto e imparato con lui. A livello tattico mi ha insegnato tantissimo, ma soprattutto l’intuizione che, quando una cosa va male, poi ne arriva una buona. Era un genio, era unico. Tante volte le cose non andavano bene, noi dicevamo che dovevamo correre di più e lui ci diceva che avevamo corso troppo”.
Come mai parla ancora così bene l’italiano?
“Mi ha aiutato tanto Francesco De Gregori, ho imparato ascoltando le sue canzoni. Non l’ho mai conosciuto, lo ascoltavo in macchina mentre andavo agli allenamenti a Brescia. Poi avevo un amico che chiamavo perché mi spiegasse i testi delle canzoni”.
In Spagna insultava gli arbitri in italiano?
“Beh, gli insulti sono la prima cosa che uno impara in Italia. Sono di una lunghezza eterna”.
Il ricordo di Carlo Mazzone?
“La prima volta che l’ho visto ero in tribuna, quando andò sotto la curva dell’Atalanta. Era un allenatore vecchia scuola, di pelle. La vita è questa, se non fossi andato a Brescia non avrei conosciuto Mazzone. I posti sono belli, sì, ma le cose che ricordi nella vita sono le persone che trovi”.
A Brescia ha conosciuto anche Roberto Baggio…
“Se piango adesso mi dispiace. Io quando parlo di Baggio mi emoziono, l’ho conosciuto a fine carriera e aveva un ginocchio che sembrava una lavatrice. Non si poteva muovere ed era il più forte, non immagino nel suo momento migliore. Credo che abbia conquistato l’ammirazione di tutti, non solo per il giocatore ma per tutto il resto. In Italia non c’è un posto che non lo ama, è impossibile”.
Che rapporto avevate?
“Ero abituato a vincere campionati, come diceva Mazzone eravamo una squadra di bassa classifica. Ogni volta che vincevamo una partita era una gioia. Non mi pento, ho conosciuto una realtà che non conoscevo ed è stato uno dei periodi più belli della mia vita. Pensavo che Roby fosse una persona molto seria, invece era l’anima dello spogliatoio. Quella squadra di Corioni era fortissima”.
Il 20 maggio ’92 a Wembley avete battuto la Sampdoria…
“Pentito? Nemmeno un secondo. Era la prima per il Barcellona”.
Il rapporto con Noel Gallagher?
“Mi ha fatto la prima intervista quando sono arrivato a Manchester, ho pensato che portasse bene ed effettivamente è andata bene”.
Come si gestisce uno come Messi?
“Bisogna conoscerlo. Per me è facile dire che è il giocatore più forte di tutti i tempi, ma le stelle si sono unite in quel momento. Il più forte? Forse è una mancanza di rispetto per Pelé e Maradona, però per me sì. Non ho mai visto uno così in allenamento, non si poteva immaginare che tenesse questa continuità per 15-20 anni. Quando lo vedi da vicino, pensi a Tiger Woods o Michael Jordan: siamo stati fortunati a essere contemporanei di questi personaggi. Penso a La Grande Bellezza di Sorrentino: è un bel titolo per quella squadra”.
È l’ultimo anno al Manchester City…
“Non è vero, nel senso che devo riflettere. In Italia? Se Baggio mi accompagna come assistente, magari sì. Il Genoa è forte”.
Una squadra che non vorrebbe incontrare in Champions League?
“Bella domanda. Il Barcellona forse. L’affetto che ho per loro mi distrugge. Io sono nato in un piccolo paese lì vicino, trovarsi non è mai facile”.
Quanto è cambiata la Champions con la nuova formula?
“Non l’ho capito, alleno e basta. Credo che potremo rispondere a questa domanda solo a fine stagione”.
Non farà il ct dell’Inghilterra?
“Tutto può essere”.
Foto: [Michael Regan] via [Getty Images].