Il Messaggero (A.Marani/A.Pierucci) – Tutti con Danielino. Spunta un gruppo Facebook che ieri ha superato la quota dei 660 “like” a sostegno di Daniele De Santis, l’ultrà giallorosso che il 3 maggio dell’anno scorso sparò a Ciro Esposito, il supporter azzurro morto dopo 53 giorni di agonia. Sullo sfondo la foto della Curva Sud con esposto lo striscione “Napoletano infame”, in primo piano lui, “Gastone” che mostra il dito medio. L’amministratore del gruppo dice di essere minorenne, di essere stato presente martedì all’udienza che ha decretato il rinvio a giudizio di De Santis per omicidio volontario. Insomma, uno dei parenti (probabilmente una cugina) che all’ingresso di De Santis in tribunale lo hanno accolto tra battiti di mani, baci tirati al volo e le urla «Forza Danie’».
Loro, Ivo e Franca, i genitori dell’ultrà detenuto a Regina Coeli, la zia, i cugini, qualche amico più stretto erano lì a piazzale Clodio a sostenere Danielino, nonostante tutto, contro tutto e tutti. «Non è quel mostro che dicono», «ha sparato perché gli erano sopra, sennò a quest’ora era lui finito morto ammazzato». Frasi dette a denti stretti, perché coi giornalisti non se la sentono di parlare. «D’altra parte la versione di De Santis – dicono i legali Tommaso Politi e David Terracina – è stata ritenuta attendibile dai periti del tribunale e dai medici legali della Procura e questo, per noi, è quello che conta».
LE POLEMICHE – «Cori ultrà? Ma che uno non ha manco diritto di salutare un figlio. Di dirgli “forza”. Lui voleva solo difendersi il giorno del fattaccio. E gli crediamo», erano sorpresi in tribunale i genitori di De Santis per il polverone subito sollevato dagli incoraggiamenti al figlio. Ieri erano chiusi nella loro casa a due passi da via di Donna Olimpia a Monteverde, nell’appartamento i cani che Daniele teneva al circolo sportivo “Boreale” di Tor di Quinto dove si era trasferito da tempo. Con Ivo, 75 anni, maestro di arti marziali (fu premiato anche in Campidoglio) in tribunale i nipoti e i cugini del figlio, qualcuno muscoloso e tatuato. «Hanno pubblicato le foto di Daniele in barella. Non c’è rispetto», si lamenta una ragazza mora coi capelli lunghi. «In carcere sta sulla sedia a rotelle, gli hanno massacrato un piede.
LE SCUSE MANCATE – In aula hanno deciso loro come mandarlo. Mica comanda lui». Presto De Santis sarà sottoposto a una terza operazione alla gamba ferita per evitare che gli venga amputata. «Daniele non chiede scusa perché ha paura che qualsiasi cosa dica o faccia sia fraintesa, strumentalizzata – dice uno degli amici – quel che voleva dire lo ha scritto in una lettera inviata al pm». Pagine in cui Gastone giurava di non aver voluto «uccidere nessuno», portando «dentro il dolore per la morte di Ciro Esposito». Dolore straziante quello di Antonella Leardi, la mamma di Ciro, anche lei martedì in tribunale. Dolore che lascia il passo all’odio, alle promesse di vendetta («sei un morto che cammina», scrive Antonio C. rivolto a De Santis in un post sul gruppo) e alle risposte cariche di livore e insulti. A chi chiede: «Non ti vergogni di avere creato questo gruppo?». Chi l’amministra risponde: «Che dovevo fare, ce n’è un altro che dice che Daniele è infame».