Paolo Giovannelli, alla Roma dal 1977 al 1983 e autore di un gol decisivo (l’unico in campionato con la maglia giallorossa) nel derby della stagione 1979/80, ha parlato alla Gazzetta dello Sport (tra le altre cose) della sua esperienza con la maglia giallorossa. Queste le sue parole.
Paolo Giovannelli, dove sta correndo nella foto profilo di Whatsapp?
“Verso la Curva Sud dell’Olimpico, mi ricordo solo che ci misi una vita, era lontanissima”.
Sono 44 anni che corre.
“È stato il gol più importante della mia vita, un momento di felicità purissima. Di gol ne facevo pochi, 16 in tutta la carriera, media di uno all’anno”.
Ricordiamolo, quel gol.
“2 marzo 1980, Lazio-Roma 1-2. Gol mio a cinque minuti dalla fine. Avevo 20 anni, si rende conto?”.
A 20 anni tutto è possibile.
“Ed è tutto bellissimo, anche se poi la vita entra in tackle e la carriera prende una piega non prevista”.
Meno di due anni dopo le salta il crociato.
“La data ce l’ho stampata qua: 27 gennaio 1982, allenamento, 5 contro 5, in grande tranquillità. Pruzzo entra in scivolata, ma niente di che. Però mi salta il ginocchio. Crociato posteriore, a quei tempi era una sentenza. Il 3 febbraio mi opero e resto fermo un anno e mezzo”.
Per tornare nella tarda primavera del 1983, quando la Roma festeggia lo scudetto nella passerella all’ultima giornata contro il Torino.
“Entrai in campo nel quarto d’ora finale, ma fu un regalo di Liedholm. Non stavo ancora in piedi e l’anno dopo a Pisa giocai solo 8 partite, ero sempre infortunato. Vabbè, è andata così, non mi lamento, ho fatto la mia onesta carriera”.
Quando giocava aveva un soprannome?
“A Roma mi chiamavano “Capocciò”, per via del testone (ride). I tifosi chiamavano così anche Ancelotti, quella tra le nostre due teste è una bella gara. Carlo è un amico, ci sentiamo spesso e le telefonate cominciano sempre così: come stai, Capocciò?”.