Il Tempo (L.P.) – Simbolo per compagni e tifosi, Agostino è stato l’idolo di un grande capitano come Giuseppe Giannini. Era giovane nel 1984 mentre dieci anni dopo indossava la fascia.
Che ricordi ha di quelle due giornate?
“Sono state situazioni di grande amarezza sia nella sconfitta che nella perdita di una persona come Agostino. Di un uomo e di un capitano come lui che tutti amavamo e rispettavamo, e che ancora oggi consideriamo come simbolo per gli altri capitani. È stato questo per me come per De Rossi, Totti e tutti quelli che sono venuti dopo”.
Qual è l’eredità più grande lasciata a lei e, in generale, alla Roma?
“Responsabilità. Lui se le assumeva. Incarnava con i suoi comportamenti il ruolo del capitano. Era silenzioso ma allo stesso tempo vigile. C’era sempre per compagni, magazzinieri, massaggiatori: chiunque. Era il punto di riferimento di un gruppo intero, sia in campo che fuori”.
Quali ricordi conserva di Ago?
“Ho sempre avuto grande rispetto per lui, ma con i giovani rimaneva schivo. Il suo carattere chiuso lo portava magari a dare meno confidenza. Scherzavamo di rado ma conoscevo il suo carattere e per me in quel momento lui era il capitano e c’era un’enorme ammirazione. Magari spesso mangiavo vicino a Falcao, ma quando parlava Agostino restavo vicino a lui. Era una figura che per me rappresentava sia il club che tutto il gruppo. Io l’ho vissuto così”.