Il giorno dopo l’ennesima delusione, Roma si è risvegliata con un po’ di pazienza in meno. Insomma, se è vero che il progetto deve andare avanti, è anche vero che la gente comincia a perdere un po’ di fiducia. Ed a volere i risultati. Soprattutto, considerando che partenza più morbida, calendario alla mano, Luis Enrique non poteva avere (Bratislava, Cagliari, un’Inter in piena crisi e Siena). Ma è giusto continuare a dare fiducia allo spagnolo o sarebbe meglio iniziare a guardarsi un po’ intorno? Confusione Ieri le radio erano bollenti ed i messaggi d’amore (eufemismo) per il tecnico spagnolo sempre più forti. Sul banco degli imputati le scelte (tanti giocatori fuori ruolo), la confusione (26 i giocatori utilizzati nelle 5 gare ufficiali, in Italia nessuno ha osato tanto) e la posizione diFrancesco Totti.
«Lancio una provocazione, per il bene di Francesco — dice un ex capitano, Giuseppe Giannini — Se deve giocare così lontano dalla porta, a centrocampo, forse è meglio che non giochi. A un fuoriclasse come lui bisogna chiedere la giocata, il gol, la fantasia, non certo il dinamismo e l’interdizione». Ma la posizione di Totti non è solo l’unico esempio della confusione che regna nella testa dello spagnolo. Basti pensare, appunto, ai 26 giocatori utilizzati. L’obiettivo è tener dentro tutti nel progetto, rischiando però di non tener dentro nessuno. A conti fatti, delle gerarchie possono aiutare. Equilibrio Ma sul piatto delle accuse ci sono altri due aspetti. Il primo, è quello dell’equilibrio in campo. Le squadre avversarie hanno già capito che basta abbassare molti giocatori dietro la linea della palla per difendersi in modo efficace e rendere sterile il tique-toque che vuole Luis Enrique. Un possesso palla che, a volte, sembra più un torello (dispendioso) che un’idea di gioco. Altra accusa, i calci da fermo. Punizioni e calci d’angolo finora battuti in maniera a dir poco scellerata dalla Roma. Schemi? Pochi, se non niente. La speranza, è che qualcosa cambi presto. Non è detto che debba essere Luis Enrique, ma il suo approccio al calcio italiano sì.
Gazzetta dello Sport – A. Pugliese
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