Corriere dello Sport (G.Giannini) – E’ sempre triste il momento in cui finisce la carriera di un grande campione. E’ triste per tutti lasciare il calcio, lo è ancora di più per un fuoriclasse come Francesco Totti. Ho seguito tutta la sua carriera con grande affetto, non solo perché ha ereditato con straordinario merito la maglia numero 10 che per anni era stata mia, ma perché con Francesco c’è stato un feeling sin da quando era ragazzino e si affacciava per le prime volte tra i grandi. Ha cominciato con me e in ritiro e in campo ho sempre cercato di dargli consigli. Era in camera con me nei primi ritiri, quando io stavo per lasciare la Roma e lui era all’inizio di una carriera straordinaria. Ha dimostrato tutto il suo valore, classe purissima, talento unico, la capacità di diventare nella seconda parte della sua carriera uno straordinario uomo gol. Ha vinto uno scudetto, un Mondiale, coppe Italia, ma per quello che ha fatto vedere avrebbe meritato anche di più. Ricordo quando era un ragazzino e parlavo a Boskov e Mazzone delle sue qualità, non per raccomandarlo, non ne aveva bisogno, ma perché ero uno dei giocatori più esperti e sapevo che quel ragazzino poteva darci una mano. Ho apprezzato l’uomo che è diventato negli anni, dopo averlo conosciuto da giovanissimo. Ho conosciuto le sue origini, ho avuto uno splendido rapporto anche con la madre, con la sua famiglia. Ci siamo sempre rispettati e tra di noi c’è ancora affetto, anche se negli anni abbiamo avuto qualcosa da chiarire. Francesco ha fatto grandi cose.
L’ho capito dal primo allenamento che abbiamo fatto insieme che sarebbe arrivato lontano. Era di un’altra categoria. Aveva colpi geniali e la faccia tosta tipica dei grandi talenti, e in più quella romanità un po’ irriverente che con il passare degli anni è riuscito a gestire nel migliore dei modi. La sua forza è aver avuto un ottimo staff e una famiglia unita alle sue spalle che gli hanno permesso di restare sempre il ragazzo semplice di via Vetulonia. E questo è anche uno dei segreti che gli ha permesso di giocare fino a quaranta anni. Francesco nella vita è un generoso, uno sempre con la battuta pronta. Saprà superare con la sua autoironia questo momento triste. E’ il più grande numero dieci che ho conosciuto, e io ho giocato anche con Baggio, che resta un altro campione, ma che metto un gradino dietro Totti per tecnica, classe e carisma. Negli ultimi trofei della Roma degli ultimi venticinque anni ci sono grandi meriti di Francesco. Se fosse andato al Real Madrid avrebbe vinto il Pallone d’oro, ma è rimasto prigioniero del suo amore per Roma.