La Repubblica (P. Torri) – È una Roma ad interim. In società e in campo. Anche se il secondo successo consecutivo, soffertissimo, centrato contro il Venezia, a Ivan Juric e ai suoi discepoli ora può garantire quel pizzico di serenità in più che dovrà essere curativo per una squadra che continua a giocare con la paura al fianco e tra la contestazione di una tifoseria che non ha mai nascosto di tifare solo la maglia. Rimane il fatto dell’interim, perché traducendo dal latino con “aspettando che si trovi una soluzione”, la Roma continua a essere un esperimento di moduli, schemi, uomini, il tutto ancora più ingigantito quando Paulo Dybala è costretto a rimanere seduto in panchina (e pensare che lo volevano vendere).
È come se i giallorossi fossero ancora all’inizio di agosto, a metà precampionato, alla ricerca di un’identità e una conoscenza reciproca (sono arrivati dodici giocatori nuovi) che continua a essere tutto un quiz. La conseguenza è una squadra lenta, compassata, confusa, piatta, mai in grado di accendere la fantasia della sua gente, tanto meno di offrire un orizzonte capace di garantire un sogno. Conseguenza pure di un mercato schizofrenico, ritardato, e dove non si è riusciti a mettere una pezza a carenze strutturali (gli esterni, in particolare sulla corsia destra) e numeriche (in attacco la Roma ha gli uomini contati). Juric ce lo ha detto in tutte le maniere che c’è da lavorare. Del resto è un concetto che vale pure per il Manchester City di Pep Guardiola, ma l’obiettivo deve essere quello di fare il più in fretta possibile. Siamo ormai ad ottobre e le squadre che sono avanti, dirette concorrenti per la qualificazione alla Champions, obiettivo dichiarato dalla società a inizio stagione, non continueranno ad aspettare una Roma che ha bisogno di concludere velocemente la sua convalescenza, conseguenza di un inizio di stagione oltre i confini di una crisi di nervi.
L’interim, insomma, deve trovare una soluzione in tempi veloci. Così come, per passare al secondo interim in questione, quello societario. Dove all’assenza della proprietà che dopo il clamoroso esonero di Daniele De Rossi ha scelto di salutare per dedicarsi all’acquisto dell’Everton, si è aggiunta quella dimissionata del Ceo, la dottoressa Lina Souloukou, vuoto che è andato ad aggiungersi all’assenza di un direttore generale, un direttore tecnico, un direttore commerciale, un settore scouting, la fotografia di una società che è stata svuotata nei ruoli e nelle competenze. C’è bisogno che anche da questo punto di vista a Trigoria si faccia in fretta a colmare almeno in parte queste lacune.