Il vice allenatore della Roma Guillermo Giacomazzi ha parlato ai microfoni del sito ufficiale giallorosso. Queste le parole riportate dal club sui canali ufficiali:

Con Daniele ci siamo conosciuti negli ambienti del calcio e abbiamo condiviso da subito diverse visioni da allenatori”.

A Roma ha trovato un ambiente simile perché questa città non può non coinvolgere.
“Ogni volta che giro per le strade avverto quanto la gente viva per il calcio. Non mi capita molto di visitare Roma perché la maggior parte del tempo lo possiamo a Trigoria, a preparare e a pianificare il nostro lavoro”.

Ecco, partiamo da questo punto: quanto tempo state insieme tra voi dello staff, allenamento sul campo a parte?
Tanto, davvero. Curiamo diversi aspetti, rivediamo video, parliamo di quello che va bene e su cosa si deve migliorare. Stiamo almeno fino alle 20 di sera riuniti, dalla mattina, cercando di curare ogni dettaglio. Riunioni lunghe, anche di tre ore, ma lo facciamo con piacere. C’è il calcio di mezzo, si sta bene insieme, è la nostra passione”.

Stare poi in una struttura attrezzata a e all’avanguardia come quella del “Fulvio Bernardini” può aiutare di più?
“Senza dubbio. Abbiamo tutto, la Proprietà ha messo a disposizione dello staff e degli atleti un centro sportivo davvero completo. Personalmente, ho conosciuto da dentro pochi club per fare dei paragoni, ma parlando con chi ha avuto diverse esperienze fuori, mi confermano questo pensiero. Lo stesso Dani (lo chiama spesso così, ndr), che è stato in Nazionale, ha girato tanto, ha fatto Mondiali, Europei, coppe, è andato a giocare anche in Argentina. Lo ha fatto da calciatore, non da allenatore, ma non cambia. A Trigoria stiamo veramente bene”. 

E proprio a Trigoria è partito il lavoro di questa stagione. Quali sono le prime impressioni?
“Intanto, per la prima volta abbiamo potuto lavorare dall’inizio sulla squadra, a differenza della scorsa stagione che siamo subentrati a gennaio. Finora s’è lavorato tanto. Si è spinto parecchio dal punto di vista atletico. Dal punto di vista tattico in modo graduale, considerando che non avevamo tutto il gruppo a disposizione. Ma siamo contenti, ora nel ritiro in Inghilterra stiamo curando aspetti didattici con quella larga fetta dei giocatori tornati nel gruppo”.

Entrando nel dettaglio, quali sono le sue precise consegne all’interno dello staff del mister?
Il nostro metodo di lavoro – almeno in questa fase – prevede che tutti noi tecnici prepariamo e lavoriamo sulle stesse cose, alla pari. Poi, magari, ognuno ha una caratteristica diversa, ma non ci sono gerarchie. Daniele coinvolge tutti, ascolta con attenzione e poi fare le sue valutazioni su come agire”.

Oltre alle esercitazioni sul campo di cui abbiamo già accennato, quanto tempo dedicate al fattore psicologico dell’atleta? E quanto conta?
Credo che sia fondamentale, soprattutto guadagnarsi la fiducia dei ragazzi. Io sono stato calciatore, tutti noi dello staff abbiamo fatto parte di questo mondo, anche se in categorie diverse, a livelli differenti. Però non cambia, il calcio ha gli stessi principi ovunque. Sappiamo quanto è importante coinvolgere, parlare, con chi gioca meno. Oppure, quando si perde una gara, stare vicino ai giocatori. Daniele è molto bravo sotto questo aspetto. Ha polso, ha capacità non solo tattica, ma anche dal punto di vista comunicativo. Noi, come collaboratori, dobbiamo essere bravi ed avere la giusta sensibilità per capire determinate situazioni, dire la parolina se serve, alzare la voce quando bisogna farlo, per far sì che il gruppo sia coeso, è importante che vadano tutti nella stessa direzione”.

A questo proposito, i nuovi acquisti come si stanno inserendo?
Molto bene. Al di là delle qualità tecniche indiscutibili che hanno, sono tutti ragazzi bravissimi dal punto di vista umano. È una cosa fondamentale. Sono super disponibili, umili, dal primo giorno si sono messi a lavorare nel modo giusto. Hanno qualità, voglia di fare e di imparare”.

C’è un allenatore che nel suo trascorso di calciatore le ha lasciato qualcosa in più degli altri?
“È facile dare la risposta più scontata. Ovvero, ho appreso un po’ da tutti. In parte è anche vero, però poi è inevitabile che nel corso di una lunga carriera si possano incontrare personaggi che ti segnano più di altri”.

Quindi, il suo quale è stato?
Daniel Passarella, quando era CT dell’Uruguay. Si portava dietro il suo passato da fuoriclasse della nazionale argentina, il suo carisma. Riusciva a tenere in mano un gruppo tosto, con tante personalità complesse. In più, era anche molto bravo in campo, avvalendosi della collaborazione del suo vice Sabella. Una grande figura. Sì, può ricordare il De Rossi di oggi”.