Il Messaggero (G. Lengua) – L’attore Massimo Ghini ha la Roma nel cuore da quando a 15 anni diventò amico fraterno di Agostino Di Bartolomei. Il percorso dei giallorossi in questa stagione lo ha coinvolto come non accadeva da anni, merito dei risultati ma principalmente di Mourinho.
Centotrentamila tifosi allo stadio in due partite, la Roma ha ritrovato l’empatia con i tifosi?
È tanto tempo che non riusciamo ad avere una vera, sincera e concreta soddisfazione. Mourinho, nonostante alcuni aspetti contraddittori, è un uomo di una tale personalità e professionalità che supera il comportamento di tanti altri allenatori.
È lui che sta facendo la differenza?
Avevamo bisogno di qualcuno che ci parlasse al cuore e al cervello. Se il club lo mettesse nelle condizioni di avere quello che chiede, ci divertiremmo.
Basta poco per arrivare al livello delle big di Serie A?
Sì, perché Milan, Inter, Juventus e Napoli non giocano un calcio che mette la Roma in difficoltà. Hanno soltanto due o tre uomini in più che ti risolvono le gare.
Un progetto di crescita che i tifosi hanno sposato?
Non possiamo rimanere sempre quelli degli sketch e delle barzellette. Questo non è un modo di essere tifoso, è un modo di esprimere sé stessi e passare la giornata allo stadio. Poi alla fine i risultati quali sono stati? Allenatori sbagliati e una presidenza americana che faceva ridere più dei film di Natale che ho fatto.
Mourinho sta guidando il cambiamento?
Lui è l’acquisto più importante, lo sa benissimo e dovrà far crescere i nostri calciatori. Diamogli tempo e compriamone di nuovi.
In che ruolo?
Il centrocampo credo debba essere rinforzato, ma José sa quello che deve fare.
Gli consegnerebbe le chiavi di tutto?
Certo, le abbiamo messe in mano a chiunque e non le do a lui? Deve cambiare la mentalità della città.
Cioè?
Non bisogna caricare di responsabilità una persona e poi accusarla al primo errore.
Anche i Friedkin stanno lavorando in questa direzione?
A Roma hanno sempre parlato tutti. Mourinho ha vinto ovunque e va messo nelle condizioni di essere il capo, se poi sbaglia pagherà.
Cosa possono fare i tifosi per aiutare?
Impadronirsi dello stadio come stanno facendo e provare ad uscire da questa mentalità provinciale in cui si cerca sempre di dare la colpa a qualcuno.
Ci racconta dell’amicizia con Agostino Di Bartolomei?
Eravamo grandi amici, avevamo casa a 50 metri di distanza a Lido di Cincinnato, tra Lavinio e Anzio. All’epoca eravamo quindicenni, diversi. Lui con un carattere un po’ difficile. Forse è proprio per questo che c’è stato un rapporto profondo, poi è entrato nel gruppo anche Bruno Conti che era di Nettuno. Loro all’epoca cominciavano la carriera di calciatori in prima squadra e io quella di attore.
Un aneddoto che vi ha legato?
Sua moglie Marisa è di Salerno e lo è anche mia moglie. L’ultimo anno da calciatore si trasferì alla Salernitana e il primo giorno che sono andato a casa di mia suocera a Salerno, ho visto delle fotografie di mio nipote in braccio ad Ago. Ancora oggi manca a tutti.