Il Messaggero (A.Angeloni) – Qualcosa si muove, forse si muoverà ancora di più. Qualcosa per pensare positivo c’è, quantomeno si intravede e ci si può ragionare su. E da questo si dovrà ripartire, già dalla prossima partita, Roma-Empoli, alla ripresa del campionato. La Roma è una squadra in fase di crescita, come se Garcia fosse arrivato ieri, migliore rispetto a quella dello scorso anno, sicuramente migliore in un reparto, discutibile negli altri. Quest’anno ha invertito la rotta rispetto all’ultimo e anemico campionato, pur partendo meno a razzo rispetto alle prime giornate del passato anno. Il reparto che mostra una certa opulenza è l’attacco. Che si è visto rinforzare dall’arrivo di Edin Dzeko, il centravanti che è mancato lo scorso campionato. C’è un esterno in più, Salah, un trequartista in meno, Ljajic. C’è anche Iturbe, in attesa di risveglio definitivo. Più Totti e Gervinho, il primo al momento è infortunato e il secondo è riesploso e con Iago Falque in più, attaccante equilibratore di Garcia.
LA BANDA DEL GOL – La Roma fa gol, nonostante un calcio – a detta di tanti – non proprio brillantissimo. Gol figli, evidentemente, del talento: 17 le reti segnate fino a questo momento, primo attacco del campionato, avendo chiuso lo scorso torneo all’ottavo posto nella graduatoria delle reti segnate. La Roma, in ogni caso, sta dimostrando di non essere attaccocentrica, avendo segnato con dodici giocatori diversi tra campionato e Champions League: in gol anche i difensori, Manolas, Torosidis, Digne, Florenzi (in rete sia da esterno basso sia da esterno alto). Un dato confortante che dà quel senso di armonia di squadra, che a tanti ancora sfugge. E’ un dato, prendiamolo come tale, al di là delle considerazioni più profonde.
TRIO D’ASSI – Ci sono due elementi/calciatori positivi, più di altri: Gervinho e Pjanic. Poi, Digne, il terzino che mancava e che ora c’è e lotta insieme a noi. In sostanza tre rivincite di Garcia (e nell’anno del depotenziamento, non è male), che ha sempre puntato sui primi due, nonostante le critiche e i fatti estivi: Gervais era stato ceduto, Mire verso la fine dello scorso campionato era molto più orientato ad andare via che non a restare, rischiando di provocare, come nel 2013, la minaccia di Garcia di incatenarsi in caso di cessione del bosniaco. Pericoli scampati sia della minaccia sia dell’abbandono di Pjanic e oggi il pianista ha toccato quota tre gol e tre assist, risultando elemento decisivo in ogni zona del campo. E Digne? E’ arrivato con un anno di ritardo, perché Rudi lo voleva pure la scorsa estate (quando sono arrivati, invece, Emanuelson, Holebas e Cole), ma non c’erano le condizioni, soprattutto economiche, il ragazzo costava troppo. Piccolo, apparentemente docile, Lucas sta convincendo tutti per doti contrarie: temperamento e grinta, con piede buono. Un terzino, insomma, da queste parti visto sempre come ruolo non necessario. E invece lo è.
I MODULI DIVERSI – Ne abbiamo contati tre. Tre sistemi di gioco danno il senso di variante sul tema. Saper giocare in più modi può essere una risorsa, ovvio, a patto che si scenda in campo senza far calare il rendimento. Per adesso questo ha funzionato a tratti, quindi mai con continuità. La difesa, tranne in un’occasione (Frosinone), ha sempre preso gol nelle nove partite fin qui disputate (sette di campionato e due di Champions League), ma ha segnato sempre, in totale 20 reti (17 in campionato, 3 in Champions). Il 4-3-3 è il modulo base, quello in cui la squadra si riconosce di più, le due varianti sono il 4-2-3-1 e il 4-4-2. Lo scopo, in questo momento di difficoltà di risorse difensive, è proteggere il quartetto arretrato. Se è vero che specie nei centrali Garcia ha qualche difficoltà e tante volte è stato costretto ad arretrare De Rossi, è vero anche che la difesa quest’anno può contare su due portieri di livello. Il titolare, lo dicono i numeri, è Szczesny, mentre De Sanctis, che parte come secondo, quando è stato impiegato, un pezzo con il Barcellona, con Carpi e Sampdoria, si è sempre ben comportato.
ALESSANDRO MAGNO – C’è poi un piccolo caso di calciatore buono per tutte le stagioni. Una sorta di «sono Florenzi, risolvo problemi». E il nazionale di problemi ne risolve, eccome. Gioca terzino perché da quella parte non è stato acquistato nessuno; fa/faceva l’attaccante perché Garcia lì lo ha riscoperto lo scorso anno e in quella posizione si è trovato meravigliosamente bene; a Palermo ha giocato come esterno di centrocampo, dando una mano dietro e avanti. Sempre bene: gol, corse su e giù. Una specie di gioiello che, il calcio moderno, ribattezza come tappabuchi. La speranza è che la girandola per tutto il campo non gli procuri un mal di testa, altrimenti sono dolori.