Stasera Rafa Benitez si concederà una parentesi da spettatore nel «suo» stadio per prepararsi a quella da protagonista che dovrà affrontare fra settantadue ore. La lunga pausa delle Nazionali sta per finire, regalando le ultime e le penultime certezze in fatto di partecipazioni ai Mondiali del prossimo anno.
E da questo punto di vista, forse arriva un po’ troppo presto questo confronto fra due delle tre protagoniste di questo pezzo di stagione. In ogni caso, una volta celebrato questo rito, ci saranno ancora trenta partite, novanta punti da assegnare: questa sfida potrà dare delle indicazioni, non delle certezze assolute. Per offrire le seconde il computer avrebbe dovuto sistemare questa gara verso fine novembre, meglio ancora metà dicembre quando le idee sulle squadre diventano più chiare, pregi e difetti più intellegibili, quando si comincia a viaggiare grazie ad ali più stabili di quelle irrobustite dal contingente entusiasmo.
Volendo, la sfida serve più a Garcia che a Benitez. Il tecnico giallorosso a Milano ha in parte già risposto ai dubbi di chi sosteneva che il cammino trionfale della sua squadra era stato agevolato da un atterraggio «soft» sul campionato, da un calendario che, derby a parte, aveva consegnato alla Roma avversari decisamente abbordabili (anche se poi, in realtà, il Verona sta dimostrando di essere formazione decisamente solida e sorprendente per qualità di gioco e risultati).
Dopo l’Inter, nulla appare più casuale anche se poi Garcia fa benissimo ad ancorare le sue ambizioni al realismo della zona-Champions piuttosto che agli svolazzi onirici dello scudetto. Ma è evidente che una squadra che infila sette vittorie consecutive, realizza venti reti e ne incassa una sola, avendo doppiato «capi» tempestosi come la Lazio e l’Inter, non può che essere candidata al ruolo di protagonista in questo campionato. Garcia ha il merito di aver coniugato concretezza e fasi di gioco (soprattutto in contropiede) esaltanti, aver messo al servizio del talento di un uomo (Totti) una robustezza difensiva che la squadra negli ultimi due anni non aveva avuto.
Il Napoli in queste ultime stagioni ha vissuto una storia decisamente diversa rispetto alla Roma. Se da un lato i giallorossi hanno dovuto rinnovarne profondamente, De Laurentiis ha potuto consolidare e sviluppare, aggiungendo ogni anno qualcosa a una struttura collaudata e funzionante. Il Napoli ha terminato il campionato 2012-2013 da anti-Juve (anche per posizione nella classifica finale); ha cominciato, inevitabilmente e giustamente, il nuovo torneo con lo stesso ruolo, irrobustito da una campagna-acquisti in cui i vuoti lasciati dalle partenze sono stati colmati abbondantemente grazie al reclutamento di qualche alternativa.
La squadra di Benitez, per ciò che ha fatto in queste prime sette giornate ma, soprattutto, per quello che ha costruito negli ultimi tre anni, non chiede a questa sfida risposte particolari, semmai reclama conferme; non ha bisogno di svelarsi: il ruolo è chiaro, definito da un curriculum che contiene la partecipazione nelle ultime tre stagioni a due Champions e a una Europa League.
Una cosa, comunque, è certa: se gli uni e gli altri terranno fede alle premesse (e alle promesse), la partita sarà bellissima, tra due idee di calcio dissimili e in qualche misura complementari e proprio per questo produttrici del calcio migliore che si sia visto sin qui.
Corriere dello Sport – A.Maglie