Adesso veramente qualcuno vuole la testa di Garcia, dopo quindici mesi d’amore incontaminato e tre di inquietanti presagi. Rimane soltanto da capire se lo sceneggiatore ha già scritto il finale del film senza avvertire la produzione. Garcia va da un ramo all’altro della primavera, svolazza fra le parole: «Dire vinciamo lo scudetto e non voglio essere un peso per la società non sono frasi in contraddizione». Però colpiscono entrambe, specie se incorniciate da pareggi e dissidi. «Mi farò da parte quando mi sentirò inutile, quando i giocatori non mi seguiranno più. Voglio vincere qui».
Ma chi segue i giocatori? Il concetto di “Roma sull’orlo di una crisi di nervi” si è trasformato in pochi giorni in una patologia conclamata in cui si alternano benzodiazepine virtuali e carichi di lavoro, fisioterapia e guasti tecnici, frasi ambigue e assenze conturbanti (per caso il presidente Pallotta sa che la Roma ha perso contro la Sampdoria?), errori di formazione e rosa forse sopravvalutata, con alcune star in clamoroso ribasso. L’accidentato percorso giallorosso è caratterizzato, sommariamente, da un attacco che segna (o sogna) sempre meno, da un centrocampo composto da apparenti estranei e da una difesa che appena attaccata si comporta come una marea nel ciclo lunare, si ritira. Lo striscione esposto ieri a Trigoria aveva un doppio atroce sapore: «Nessuno ferma il nostro amore». Forse i tifosi volevano dire ‘non vi preoccupate siamo sempre con voi?’ Oppure intendevano, al contrario, ‘malgrado voi il nostro amore è sempre più forte’?
Nel dubbio c’è sempre una possibilità di redenzione. Il calcio dei calendari schiacciati aiuta a non sedimentare dolore e frustrazione, quindi si spera che per stasera, quando alla Roma per passare ai quarti basterebbe uno 0-0 con la Fiorentina, l’incapacità di trattenere i benefici di qualunque esperienza positiva possa riguardare anche le esperienze negative. La storia della psicologia umana direbbe il contrario: il male è più persistente, il bene più volatile. Ma non si sa mai, se Totti sta bene. Garcia ha scoperto che «Roma è la piazza più difficile del mondo». E’ la stessa piazza al centro del villaggio, se la memoria non inganna, in cui avrebbe voluto riportare la chiesa. Cambiano gli scenari, non i giocatori, cambia soltanto il loro rendimento: «Gervinho è lo stesso esaltato qualche mese fa». Però è un altro comunque, non bastano i due gol al Feyenoord. Ora Garcia è l’obiettivo più comodo per il fuoco amico e non: «Mi prendo le colpe ma lasciate tranquilla la squadra». Per quel gambero chiamato Roma sotto accusa è l’intera cooperativa di Trigoria. Un’impresa che sforna delusione. Stasera deve scollare la Fiorentina dalla coppa. Altrimenti è finita. Per evitarlo Montella richiama Gomez (in panchina) e poi dice: «Conto sulla maturità e sull’orgoglio dei miei. E non penso proprio che il pubblico romanista fischierà la sua squadra, ma comunque non ci faremo influenzare».
La Repubblica – E. Sisti