Furlani (bronzo olimpico a Parigi nel salto in lungo): “Per i 1500 metri Pisilli è perfetto. Svilar potrebbe fare il lancio del giavellotto”

Mattia Furlani, atleta vincitore del bronzo olimpico a Parigi nel salto in lungo, si è raccontato nel podcast disponibile sul canale YouTube del club giallorosso. Il campione classe 2005 ha ripercorso il suo anno indimenticabile come atleta, tra la medaglie agli europei e alle Olimpiadi, il record mondiale under 20, oltre che della sua grande passione per la Roma. Ecco alcuni passaggi della sua intervista:

Prima volta a Trigoria? Che effetto ti ha fatto?

“Primissima volta che mi capita di entrare dentro Trigoria. È stata un emozione fortissima, aver visto non soltanto i campi d’allenamento, ma anche il museo e l’archivio dove ci sono tutte le maglie della squadra e non solo. Ho notato subito la maglietta di Pelè, di una amichevole giocata qui, e anche reperti storici dei primi europei di atletica disputati a Roma nel 1978, è stata una emozione bellissima”.

E poi hai avuto modo di conoscere i giocatori.

“Sì ho conosciuto i ragazzi, ho parlato con Mancini che mi ha detto di essere venuto a vedere la mia gara a fare il tifo per me. Ho visto Baldanzi, che mi ha anche regalato la sua maglia, spero dopo di poter assistere al loro allenamento”.

Tu sei un tifoso sfegatato della Roma, segui spesso anche allo stadio. Da dove nasce questa passione?

“Come la maggior parte dei tifosi della Roma nasce in famiglia: da nonno e papà. È un sentimento radicato all’interno della nostra famiglia. Poi sono romanista perché amo la mia città, è una passione che nasce per l’amore per i posti che ho sempre frequentato”.

Tra le tante partite viste allo stadio, ce ne una che per emozioni provate vorresti rivedere?

“Tantissime, se devo sceglierne una in cui ho goduto tantissimo dico il derby di quest’anno. I Roma Lazio sono sempre speciali, dico questa in particolare perché è stata una delle coreografie più belle che io ricordi, tra lo stemma e la dedica a Di Bartolomei, e poi la maglia speciale della squadra era bellissima. Allo stadio era da sentirsi male veramente”. Calciatori della Roma che vedresti bene nelle discipline dell’atletica, anche del passato “Ai 100 metri vedrei benissimo ‘la freccia nera’, Gervinho. Per i 1500 metri serve resistenza e tanta garra: direi Pisilli, uno che in campo non si ferma mai. Direi Svilar al giavellotto e Hummels al lancio del peso. A fare la Maratona mando Angelino, un insostituibile di questa squadra, abituato a fare gli straordinari. Mentre come mio sostituto nel salto in lungo scelgo El Shaarawy , ormai un simbolo per noi romanisti”.

Il 2024 è stato un anno molto bello per te.

“Già nella prima gara dell’anno a Stoccolma feci benissimo, poi c’è stata la medaglia d’argento a Glasgow nei mondiali indoor con 8.22. Ho rosicato un po’, ma quella medaglia essendo la prima me la sono goduta tantissimo. A Savona ho battuto il record del mondo per gli U20, attualmente ancora mio e me lo tengo stretto. Poi c’è stata Roma, la gara che sentivo di dover fare: non potevo uscire deluso, era l’obbiettivo della mia vita. Sapevo che non mi sarebbe ricapitato un europeo a casa mia. È stata la gara più bella della mia vita attualmente. L’Olimpico è stata la cornice perfetta, averci gareggiato dopo anni passati in tribuna mi ha fatto strano come impatto, è uno stadio che vuol dire troppo per me. È stato bellissimo, lo ripeterei infinite volte”.

Poi sono arrivate le gare a Parigi.

“Un appuntamento che avevo preso molto alla leggera, come fosse un viaggio. Ero sereno, avevo solo l’obiettivo di uscire tranquillo. E forse è stata proprio questa tranquillità che mi ha fatto esprimere al meglio”.

Il primo salto è quello in cui vai sempre più forte, ce l’hai una spiegazione?

“Io quando salto penso a quello che devo fare a livello tecnico, fare bene i passi tenere la giusta velocità. Il primo salto è importante perché mette pressione sugli avversari, e decide molti giochi. Quindi sicuramente tendo a spingere sui primi salti”.

Come erano i letti a Parigi,se ne è parlato tanto, davvero di cartone?

“Più che il letto di cartone ho trovato il materasso particolarmente scomodo: era di plastica, avrei preferito dei letti veri, però sono riuscito a riposare il giusto per prepararmi alle gare”.

Hai pensato post gara più ai 2 centimetri che ti hanno separato dalla medaglia d’argento o più ai 14 cm che hai dato di distacco dal quarto?

“Un po’ dispiace, soprattutto perché avevo fatto un tempo che poteva anche andare bene per l’oro, ma quando arrivi alle Olimpiadi e raggiungici la medaglia sei soddisfatto di te stesso, e alla fine oro o bronzo hanno lo stesso valore, sono il simbolo di un percorso lungo 4 anni. Non volevo rimorsi in campo, perché avevo dato tutto quello che potevo dare”.

Ce l’hai un numero in testa: una distanza che ti sei posto come obiettivo:

“Io e mamma, la mia allenatrice, ci imponiamo dei numeri ad inizio di ogni anno. Quest’anno ci saranno nuove tappe da dover affrontare, sempre legato ai risultati. Sicuramente la sfida sarà cercare un nuovo record personale, e al lungo termine credo che puntare ai 8.96 non sia impossibile. So di averlo nelle corde e di poterlo tirare fuori”.

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