La Gazzetta dello Sport (A.Catapano) – È la sindaca in persona, al termine di una giornata estenuante, iniziata con un improvviso malore che l’ha costretta al ricovero in ospedale e conclusa con un sorriso largo che fotografa il lieto fine della storia, a dare l’annuncio atteso da tutti i romanisti: «Abbiamo raggiunto un accordo. Lo stadio della Roma si farà a Tor di Valle. Nel rispetto della legge, come avevamo annunciato». In Campidoglio, esultano un manipolo di tifosi che ha resistito al freddo e alla pioggia. Sono da poco passate le 22 e, probabilmente, chi è rimasto in piazza sta assistendo a «un giorno storico – come lo definisce il d.g. della Roma Mauro Baldissoni, artefice di quest’ultimo felice ribaltone –, e non solo per il club: è tutta la città che deve brindare».
CHI HA VINTO DAVVERO? – Mettiamola in termini calcistici: dopo ripetuti tentativi, occasioni sfiorate, proprio quando sembravano sul punto di capitolare, James Pallotta e Luca Parnasi, cioè i soggetti proponenti, dopo 36 ore di trattative segretissime, condotte anche durante la partita col Villareal, hanno segnato ieri sera il gol decisivo che non solo manda la partita dello stadio della Roma ai tempi supplementari, per almeno un altro mese di gioco, in attesa che la Conferenza di servizi dia il via libera a costruire, ma li mette nelle condizioni di vincere, stavolta davvero, forti di un accordo con la Giunta a Cinque stelle dai contenuti davvero sorprendenti: «Il Business park sarà tagliato del 60%, l’intero progetto del 50% – è la Raggi a fornire le cifre della nuova intesa –: dal milione di metri cubi iniziali scenderemo della metà, metteremo in completa sicurezza il quartiere di Decima (quello a rischio esondazione, ndr), avremo una nuova fermata della Roma-Lido che verrà potenziata e la riqualificazione dell’asse viario Ostiense-Via del Mare. Soprattutto, non avremo più le torri». Già, i grattacieli dell’archistar Libeskind da ieri sera sono solo un ricordo. Ridotte a normalissime palazzine. È questo il taglio più sorprendente, perché toglie al progetto la fonte di reddito che doveva tenere in equilibrio tutta l’operazione».
SIAMO SICURI? – Possibile che la Roma e il costruttore abbiano accettato di cancellare la metà del progetto, mantenendo l’impegno ad accollarsi le spese di tutte le opere pubbliche? Apparentemente, è così. In realtà, nella Convenzione urbanistica che Comune e proponenti ieri si sono impegnati a sottoscrivere e che dovrà dettare i tempi di realizzazione, una parte delle infrastrutture, certamente quella relativa al ponte e alla bretella verso la Roma-Fiumicino, verrà realizzata solo in un secondo momento, dopo lo stadio. Tutte le altre, a cominciare dal potenziamento della linea Roma-Lido, avranno la priorità, almeno così garantisce la Raggi (ieri sera ha pure sentito al telefono Pallotta), che di questa storia è forse la vera vincitrice, perché alla fine, nello scetticismo generale, ha ottenuto quello che aveva sempre chiesto: «Ci siamo riusciti. Abbiamo evitato il progetto mostre ereditato dalla precedente amministrazione, rivoluzionando il progetto dello stadio della Roma e trasformandolo in una grande opportunità per Roma. A Tor di Valle nascerà uno stadio moderno, ecocompatibile, che rispetterà molto di più l’ambiente e il territorio».
VIGILE – A questo punto la palla ripassa in Regione. Il 3 marzo sarà la Roma a chiedere che la Conferenza di servizi venga prorogata di un altro mese. In questi 30 giorni, la Giunta scriverà una nuova delibera di pubblica utilità che verrà sottoposta al voto dei consiglieri e dovrà soppiantare quella approvata del 22 dicembre 2014 dalla maggioranza Pd. Dopodiché, arriverà l’ok della Conferenza. Sempre che il progetto mantenga la pubblica utilità richiesta dalla legge del 2013. Su questo, la Regione sarà vigile inflessibile: basterà anche una sola opera pubblica in meno per bocciare il progetto. Ma arrivati a questo punto, con la vittoria in tasca, nessuno vorrà commettere un simile errore.