La Repubblica (P. Torri) – Ora tocca ai Friedkin. Accettando nella rifondazione della Roma, anche il rischio d’impresa. Avendo come obiettivo quello di centrare quella qualificazione alla Champions che da sei anni il club segue in tv, con introiti penalizzanti almeno da 200 milioni.
Quando parliamo di rischio d’impresa, vogliamo dire che la società dovrà avere il coraggio di andare anche oltre i parametri economici idcali, per allestire una Roma in grado di tornare a essere protagonista nella coppa più ricca che c’è. Un rischio che a nostro giudizio dovrà essere af frontato per tre motivi sostanziali.
Il secondo. Gli avversari. A eccezione dell’Inter campione e di un’Atalanta ormai entrata di diritto tra le grandi, gli altri contender sono alle prese con problemi di varia natura. Al Milan i giudici ci hanno fatto sapere che stanno cercando di capire chi sia il vero proprietario. Alla Juve con Motta hanno scelto di provare a cambiare il dna del club. Al Napoli pare che vogliano andare via tutti, nonostante l’imminente arrivo di Conte. Alla Lazio è tutto un quiz, tra veleni interni e una società sfiduciata. Insomma, c’è lo spazio per andare all’attacco delle prime posizioni.