Repubblica (G. Romagnoli) – Uno tace sempre, l’altro mai. Sembrerebbero incompatibili, eppure sono complementari. Che esistesse una sfida si era capito due anni fa quando Friedkin ingaggiò Mourinho e Lotito rispose con Sarri. La città intera sussultò, pregustando riflettori più luminosi e destini conseguenti. Spoiler: sospesa l’egemonia di Torino, hanno vinto Milano e Napoli. Roma, niente. Sarebbe un peccato se qui non si producesse realtà, ma cinema. Il giudizio popolare è sempre in bilico. Un attimo prima di prendere Lukaku Friedkinera un bluff, il cugino di Pallotta, un importatore di tappeti iraniani. Ora è un idolo, domani chissà.
Lotito propone un altro modello aspirazionale, più vicino, quasi da toccare con la mano. È astuzia, accumulazione. E autocommiserazione. In questa estate Lotito ha davvero abbandonato la proverbiale avvedutezza, spendendo come mai in passato, inseguendo il consenso che gli è sempre mancato, destinato a scoprire che, come l’amalgama, neanche quello si può comprare. Uno viene ringraziato pubblicamente, l’altro guardato scetticamente. Uno vuole fare un nuovo stadio a Pietralata, raggiungibile con i mezzi pubblici; l’altro sui suoi terreni vicini al fiume, con approdi per arrivarci in barca.