Il Tempo (A.Serafini) – «Appendere gli scarpini al chiodo? Mai». Più che un’intenzione, suona come una promessa quella di Francesco Totti, perché se il campo continua a fornire più certezze che dubbi, non può che allontanarsi il momento dell’uscita di scena. E se questo storicamente non ha mai rappresentato un problema per la maggior parte dei campioni arrivati ad un passo dal termine della carriera, il dilemma diventa più arduo per il capitano romanista, uno dei pochissimi a non conoscere la sensazione di indossare una maglia differente. Il clima di incertezza legato al futuro del numero 10 però ci ha messo poco ad espandersi come una macchia d’olio in giro per il mondo, perché un’occasione del genere non capita certo tutti i giorni. Non è un caso infatti che da settimane vari agenti di mercato hanno cominciato a muoversi sul fronte Totti, aprendo canali di comunicazione con i club interessati ad una possibile trattativa. Negli ultimi tempi le telefonate intercontinentali sono aumentate, passando dagli Emirati Arabi fino all’Estremo Oriente. I petroldollari di Abu Dhabi sono pronti a scatenarsi dietro al forte interesse dell’Al-Jazira, club in cui milita l’ex giallorosso Vucinic e che la scorsa estate era arrivato a un passo dalla chiusura dell’operazione Gervinho.
Ma le sirene più assillanti continuano a provenire dal Giappone, paese che con maggior fedeltà ha seguito l’intera carriera di Francesco, considerato una «divinità calcistica» addirittura superiore al più amato di sempre Roberto Baggio. Per questo nel Sol Levante sono disposti a carte false pur di convincere Totti, che finora però non ha mai preso questa ipotesi veramente in considerazione. D’altronde nello scenario di un futuro addio, in cima alla lista di gradimento del capitano compare il fascino mai nascosto degli States, dove i New York Cosmos si sono mossi richiedendo informazioni preliminari. L’attrazione della «Grande Mela» continua ad essere supportata anche dal suo amico Pirlo, immerso però nelle difficoltà di ambientamento.
Il gol decisivo con l’Atalanta ha comunque riallontanato i discorsi intrapresi la scorsa settimana con il dg Baldissoni, che in un colloquio privato con Totti ha provato a spiegare in modo più chiaro la posizione della società, non intenzionata a rinnovargli il contratto per un’altra stagione. Per smussare gli angoli si è provato a parlare anche di un prolungamento nell’accordo dirigenziale che Totti ha già pronto nel cassetto per i prossimi 6 anni. Soluzione che risulterà in futuro sempre valida anche se il numero 10 deciderà di continuare la propria carriera calcistica altrove. Difficile però immaginare una risposta definitiva alla questione prima del prossimo viaggio di Pallotta, atteso a Roma alla fine di maggio.
Nel frattempo a Trigoria (ieri è stato affisso uno striscione, «Totti oggi come ieri, Pallotta 24 anni fa dov’eri?»), il capitano corre forte in allenamento per convincere Spalletti, l’unica arma in grado di cancellare le scintille del post partita di Bergamo. Perché prima di pensare al prossimo anno, il tecnico punta al presente, in cui non c’è spazio per individualismi o dualismi: «Con Francesco è tutto a posto, non ne parliamo più. Però io devo essere un moderatore dei messaggi che arrivano alla squadra, sono d’accordo se leggo che Totti salva la Roma con l’Atalanta, ma non se leggo che Totti è la Roma. La contrapposizione con Dzeko mi fa intervenire – continua Spalletti – perché Totti è forte a prescindere, non c’è bisogno di dire che Dzeko deve andare via». Con una aggiunta: «Francesco l’ho fatto giocare poco probabilmente, ma lo tengo in considerazione altrimenti non l’avrei fatto giocare quando la squadra ne aveva bisogno. Sarebbe stato più brutto se lo avessi messo dopo un risultato di 3-0». Chiarendo poi un aspetto ulteriore: «Non ho avuto contatti fisici con nessuno, ho parlato nelle mie facoltà all’interno dello spogliatoio. Mi hanno chiamato anche per far rispettare delle regole, una squadra non dipende soltanto da un calciatore. Se vedo che si prendono obiettivi diversi devo intervenire o se ci sono attenzioni smarrite lo faccio notare. In 24 ore un calciatore deve dormire 7-8 ore e usarne altri 3-4 per allenarsi. Non è vero che voglio bene a tutti nello stesso modo – prosegue l’allenatore – preferisco chi arriva in orario, chi si impegna sempre, chi sta attento ai dettagli. Perché il bene comune è soltanto che vinca la Roma». La corsa al secondo posto (o la difesa del terzo) proseguirà stasera con il Torino: dopo la vittoria partenopea nell’anticipo di campionato con il Bologna, non sono concessi altri passi falsi.