La Repubblica (M. Juric) – A distanza di un giorno dalla sconfitta con la Cremonese, spiegazioni per la disfatta dello Zini non ce ne sono. Non ne hanno trovate i tifosi della Roma, ormai rassegnati all’inaffidabilità di una squadra che non conosce il significato della parola continuità. Non ne ha trovate Mourinho, maestro nello spostare l’attenzione sulla diatriba verbale con il quarto uomo, senza fornire motivazioni per una prestazione insufficiente contro l’ultima in classifica.
Era preventivabile trovare un avversario agguerrito, ma sta diventando inaccettabile la passività della squadra nei momenti decisivi. Priva dell’ambizione di raggiungere il secondo posto e scarica emotivamente nel raddrizzare il risultato. Sarebbe dovuto esserlo l’aggancio al treno delle “migliori escluso il Napoli”, dando continuità ad un mese di febbraio positivo, sull’onda lunga dell’Europa League. E invece anche questa volta la Roma ha mancato l’appuntamento. Un copione già visto troppe volte.
A Cremona il bonus figuracce si è esaurito. La Roma di Mourinho aveva tutte le carte in regola per vincere. Entusiasmo, ricambi, qualità. Ma ancora una volta ha fallito. Nei prossimi 15 giorni si deciderà molto della stagione romanista, tra Juventus, Real Sociedad e derby. Lo spazio per dare una sterzata c’è ancora, i presupposti meno. Crescita fa rima con continuità, il grande bug di una rosa piena di difetti.
Mourinho lo sottolinea non appena ne ha la possibilità, chiedendo a gran voce programmazione futura alla proprietà. I Friedkin silenziosamente osservano tutto. Vittorie, mal di pancia, sirene di mercato e sonore sconfitte. Giugno è il traguardo. Con il campo giudice ultimo. Per tutti. Anche per lo Special One.