Corriere della Sera (L.Valdiserri) – «Per quanto riguarda Francesco, sono arrivato qui una settimana fa e sapevo che esisteva già un accordo, tra la Roma e lui, che prevedeva che questo sarebbe stato il suo ultimo anno da calciatore e che, a partire dall’anno prossimo, avrebbe continuato come dirigente. Adesso voglio guardare avanti e chiedo che Francesco sia il più possibile vicino a me, per imparare al massimo cosa è la Roma, perché Francesco è la Roma. Chiedo che mi sia vicinissimo, se lo vorrà, e se riuscirò a imparare solo l’1% di quello che lui sa della Roma mi riterrò fortunato». Comincia con il botto l’avventura di Ramon Rodriguez Verdejo, detto Monchi, come direttore sportivo della Roma. Le sue parole dettano una data: 28 maggio 2017, Roma-Genoa, ultima partita di Totti in maglia giallorossa. È vero, un concetto simile era già stato pronunciato dal direttore generale Mauro Baldissoni e dal d.s. pro tempore Ricky Massara, ma, senza che si offenda nessuno, è diverso sentirlo dire dall’uomo che è stato scelto dal presidente Pallotta per ricostruire la parte sportiva del club.
È un giorno triste per Totti e per tutti i tifosi della Roma che sono saltati sui seggiolini dello stadio Olimpico 250 volte, quanti sono stati i gol segnati in serie A, tutti con la stessa maglia. Ma i tempi passano, non sempre in meglio, e anche a Roma si è formato un partito abbastanza numeroso che ritiene che Totti, in campo, sia diventato un peso. La figura del più grande giocatore giallorosso di tutti i tempi è stata a volte strumentalizzata da chi voleva dividere e non unire. Monchi si è rivolto a Totti in modo diretto, trovando le parole e l’atteggiamento giusto. Smettere di giocare, per Francesco, è un dolore, ma la prospettiva di lavorare con un dirigente tanto bravo – strappato dalla Roma alle big spagnole e inglesi – lo consola. Monchi e Totti possono creare un «polo calcistico» forte e coeso dentro la Roma. La passione li accomuna e questo può essere il linguaggio comune che serve. Il rapporto tra Totti e la società americana – prima con il presidente-fake DiBenedetto e poi con l’uomo forte Pallotta – non è stato semplice. Franco Baldini ne criticò la pigrizia nel farsi troppo guidare dal suo entourage. Il presidente Jim Pallotta disse che «le gambe non potevano più fare quello che diceva loro il cervello», ma poi Totti segnò 4 gol in 60 minuti contro Atalanta, Torino (2) e Genoa, trascinando la Roma al terzo posto. Luciano Spalletti lo ha cacciato da Trigoria, prima di Roma-Palermo del 21 febbraio 2016, per un’intervista al Tg1 in cui chiedeva chiarezza sul suo futuro.
Nel contratto (annuale) c’è scritto davvero che questa sarebbe stata l’ultima stagione di Totti calciatore, ma le intese si possono anche rivedere, se si è d’accordo in due. Ed è vero che Baldissoni e Massara erano stati chiari prima del derby perso contro la Lazio, ma anche che Totti, a fine gara, l’aveva buttata lì: «Ultimo derby? Lo dicono loro, non io». Da lì le voci di un possibile futuro negli Stati Uniti, ma, quasi sicuramente, non sarà così. Totti farà il dirigente, con un ruolo «operativo». In campo ha fatto le fortune della Roma, ricostruire una squadra vincente sarà la prossima sfida. La prima impressione che ha lasciato Monchi è quella di un dirigente con la fortissima adesione al progetto di un club e non al proprio ego o a vendette da prendere. Con Totti potrà trovarsi bene. E Totti con lui.