Il Tempo (G.Giubilo) – È diventato, il campionato italiano, una sorta di feudo nobiliare, nel quale il signorotto ha diritto di vita o di morte sul popolo del contado, che non può esercitare diritti resi inesistenti dalla storia. C’è rimasta, in Italia, una schiera di botoli affamati a caccia di un tozzo di pane da dividersi, mentre il potere è tutto nel castello di chi domina. Una situazione che è difficile paragonare con altre realtà che sembravano solidissime, ma che stanno un po’ tutte adeguandosi al nuovo che irrompe. La Germania, che da sempre aveva una società egemone come il Bayern, vede ora i grandi favoriti dover inseguire il sorprendente Lipsia, emblema della zone Est quando il Paese era ancora diviso in due, prima ancora che la caduta del muro di Berlino delineasse orizzonti nuovi. Ma perfino in Francia, dove sembrava che il PSG dovesse imporre la dittatura del danaro, ci sono nomi nuovi in vetta, come Nizza e Monaco. È tradizionalmente rimasta incerta la battaglia per il primato in Inghilterra, dove adesso Antonio Conte può gioire per essersi guadagnato un punticino di vantaggio con il suo Chelsea sulle inseguitrici più accreditate, tra le quali lo United di Mourinho stenta a guadagnarsi il prestigio di cui i pronostici lo accreditavano.
E dunque, solo casa nostra resta proprietà esclusiva di una formazione che, vincendo il sesto scudetto consecutivo, stabilirebbe uno straordinario primato senza precedenti. Il predominio juventino ha solide radici in un’organizzazione societaria pianificata da professionisti di primo piano come Marotta, tanto per fare un nome. Stasera proprio la Juventus dovrà affrontare una terribile trasferta di Champions a Siviglia, ed è sperabile che possa uscirne indenne. Perché, un più affidabile cammino in Europa, potrebbe attenuare il furore con il quale la formazione campione d’Italia difende il suo primato nazionale, così da poter lasciare per strada qualche briciola per i peones. Che saranno anche affamati, ma non riescono a battersi con la necessaria grinta per assicurarsi almeno una sopravvivenza in quella corsa al posto d’onore che rappresenta il massimo traguardo.