L’ex giocatore e attuare tecnico dell’Elfsborg Oscar Hiljemark ha rilasciato un’intervista per gianlucadimarzio.com. Tra i temi affrontati la sua carriera, il lavoro con Juric e l’imminente sfida in Europa League contro la Roma.
Quante ore pensi al calcio?
“Troppe. Anche in palestra o mentre guardo un film, ci sono volte in cui devo mettere in pausa e appuntarmi qualche intuizione. E poi a letto, prima di andare a dormire: un vulcano di idee. Sugli avversari, sul sistema da usare, su cosa dire alla squadra in spogliatoio. Il calcio non è un lavoro, è uno stile di vita”.
Sull’addio all’Italia da calciatore.
“Quando sono andato via dall’Italia non pensavo sarebbe stata la fine, amo questo paese e la sua cultura. Dopo la Russia è arrivato il covid e stavamo aspettando il primo figlio: ci siamo avvicinati a casa, all’Aalborg, in Danimarca. Avevo ventott’anni e voglia di fare bene, ero nel pieno della mia carriera. Dopo poche partite, in uno scontro con il portiere mi faccio male all’anca. Lavoro per tornare in campo, ma dopo nove mesi di riabilitazione non riesco nemmeno a camminare. Consulto specialisti in giro per il mondo: “Si può fare un’operazione?”. No, niente. Non sarei più tornato al mio livello. Ho deciso in fretta: è la fine, smetto”.
Sull’addio al calcio giocato.
“Non sono stati giorni semplici. Ho detto al club di voler risolvere il mio contratto: loro mi hanno chiesto di entrare nello staff e allenare. Ho accettato subito: è stata una benedizione, la miglior scelta di tutta la mia carriera da professionista. In Danimarca ero già quasi un allenatore in campo, lo sono diventato anche fuori. Sono stato prima collaboratore, poi ho preso la panchina ad interim: lottavamo per non retrocedere e siamo stati a un passo dalla salvezza, ma per un gol siamo scesi in seconda. L’anno dopo, da primo allenatore, ho riportato l’Aalborg in Superligaen e sono andato via”.
Sul ritorno in Svezia.
“In estate sono tornato a casa, all’Elfsborg, dove avevo iniziato a giocare. Sono arrivato il 17 giugno e il 7 luglio abbiamo già ripreso il campionato. Da lì è stato un continuo: partita, recupero, partita. Abbiamo già giocato venti gare e ne abbiamo perse solo due, una in campionato e una in Europa League, contro l’AZ”.
Sul fatto di essere più giovane di alcuni giocatori in rosa.
“E che problema c’è? L’età non mi interessa, è solo un numero. La sfrutto a mio vantaggio: do voce spesso ai miei giocatori su situazioni di campo. Quando devi prendere tre punti non importa quanti anni hai, contano onestà, conoscenza e carisma”.
Sulla scelta di diventare allenatore.
“Già al Palermo parlavo di tattica con alcuni compagni. Ad esempio Gilardino e Maresca. Con Enzo siamo rimasti in contatto e abbiamo parlato anche quando era al City con Guardiola. Inoltre, anche da giocatore avevo un diario su cui appuntavo considerazioni sul gioco e sulla leadership”.
Su Juric.
“Juric ci ha trasmesso uno stile di gioco intenso, Ballardini era un campione nella lotta salvezza, Prandelli una grande guida e De Zerbi un giovane innovatore che costruiva dal basso e viveva il calcio con passione folle. Juric mi ha portato al Genoa, ho provato il suo gioco sulla mia pelle. Ci ho messo mesi ad adattarmi: era uno stile nuovo. Un 3-4-3 con il doppio pivot, tutto intensità e uomo-a-uomo. Oggi se penso al livello di Elfsborg e Roma siamo su due pianeti diversi, ma non giochiamo solo per partecipare: ci proveremo. Di sicuro sarà una grande esperienza”.
Come fare male alla Roma?
“Con loro chi vince il duello ha la superiorità. E chiaramente su quello hanno più qualità di noi. Ma speriamo di avere alcuni secondi qua e là nella partita per uscire dai blocchi e creare occasioni da gol. Dovremo essere solidi in difesa e esplosivi in attacco. L’importante nel calcio è essere in controllo della gara, che non significa per forza avere il 100% di possesso palla: a volte serve essere compatti dietro e precisi davanti”.
Sul modulo speculare alla Roma, il 3-4-3.
“Loro però puntano più sull’intensità, noi sulla concretezza. E cercheremo di essere fluidi: non faremo né una partita di sole transizioni, né di solo possesso. Servirà un gran lavoro perché hanno qualità in tutti i ruoli, cambi che possono spaccare la partita, e pensano in fretta: è una caratteristica che Juric trasmette ai suoi uomini”.