Il Messaggero (Alessandro Angeloni) – Ed ecco che ieri contro il Braga José ha provato – a meno di innesti già pronti per l’uso – l’undici che, con ogni probabilità, esordirà in campionato, tribuna e panchina comprese.
In campo ci sono i nuovi, Aouar e Kristensen, davanti Belotti, poi Llorente a far compagnia a Mancini e Smalling. Un gruppo di calciatori che deve abituarsi a vivere anche senza i big e a non avere l’allenatore in panchina. La Roma è una squadra che deve crescere, è solo a metà preparazione, ed è anche incompleta, per questo cala nel finale e subisce il pareggio di Bruma.
Il gol giallorosso arriva lo stesso, nel primo tempo. Il lancione da dietro funziona anche stavolta, è un marchio di fabbrica come i calci piazzati: Mancini serve lungo ElSha, che scambia con Zalewski e segna il vantaggio. Aouar prova a danzare per il campo, usa la tecnica a tira fuori il muscolo, Cristante galoppa ma è ancora con il freno a mano tirato, come tanti. L’idea di gioco appare la stessa di sempre: Mou sta creando una squadra solida dietro e tecnica davanti.
Tanti cambi nel secondo tempo, Mou rivoluzione la squadra, come da copione, e conferma il solo Belotti là davanti. E anche questo è un messaggio: ho solo lui. Stavolta non serve un decodificatore, l’appello è chiaro. L’attacco necessita di soluzioni nuove, mentre la compattezza della squadra, anche se siamo solo al primo test di un certo livello, appare garantita dalla presenza e dall’esperienza di gente come Cristante e Matic, della linea difensiva e dal su e giù continuo di Aouar e Pellegrini.
Il Braga mette alla prova la Roma anche sotto l’aspetto fisico: parte qualche fallaccio di troppo, dopo un paio su ElSha nel primo tempo ne arrivano due nella ripresa proprio sulla Joya e su Belotti, che nonostante la bella compagnia, continua a faticare in questo suo viaggio verso la ricerca di se stesso.