“Ecomostro” a rischio stop. Un piano con troppe falle

stadiodellaroma

Il Messaggero (L. De Cicco) – La strada per la realizzazione dell’«Ecomostro», come lo ha ribattezzato Legambiente, è ancora lunga e piena di ostacoli. Dalle cubature destinate a negozi, uffici e alberghi (l’86% del totale), già bocciate dalla Regione e definite dall’Istituto nazionale di Urbanistica «una gigantesca speculazione edilizia in cui lo stadio è solo un pretesto», al rischio ricorsi da parte dei proprietari dei terreni da espropriare (quasi la metà) fino all’inchiesta aperta dalla Procura di Roma alla quale potrebbe presto affiancarsi quella della Corte dei Conti, a cui promettono di rivolgersi i consiglieri del Movimento 5 stelle per «danno erariale».

Un altro stop potrebbe arrivare dal Tribunale fallimentare, dove è ancora in corso il processo a carico della Sais, la società che ha venduto una parte dei terreni a Parnasi e che, se dichiarata fallita per bancarotta, potrebbe vedersi annullata quella compravendita. E per il progetto di Parnasi e Pallotta sarebbe game over.

Cubature record per negozi e uffici
Dell’intero nuovo insediamento previsto dal progetto (354.000 mq di superficie utile lorda pari a 1.133.000 mc) appena il 14% corrisponde allo stadio (49.000 mq) mentre l’86% (305.000 mq) sarebbe destinato al cosiddetto “Business park”: negozi, uffici privati, ristoranti e alberghi. Il vero cuore dell’operazione immobiliare che potrebbe fruttare ai privati, secondo alcune stime, fino a 800 milioni di profitti.

Il 40% dei terreni da espropriare
Il 40% dei terreni su cui Pallotta e Parnasi vorrebbero costruire lo stadio e il mega-centro di negozi e uffici appartiene ad altri privati ed è da espropriare. A dicembre, mentre l’Assemblea capitolina discuteva la delibera sul pubblico interesse del progetto, uno dei proprietari ha inviato una diffida a tutti i consiglieri comunali, minacciando azioni legali in caso di esproprio. I ricorsi potrebbero rallentare ulteriormente l’iter del progetto. Se non fermarlo del tutto.

Acquisto dell’area ancora in bilico
Parnasi è proprietario del 50,4% dei terreni interessati dal progetto dello stadio. Ma l’operazione di acquisto potrebbe essere revocata dal Tribunale fallimentare, nel caso in cui la società che ha ceduto i terreni, la Sais, venisse dichiarata fallita. Una circostanza che, in base all’articolo 67 della legge fallimentare, potrebbe portare come estrema conseguenza anche all’annullamento della vendita (per 42 milioni) a Parnasi.

Traffico in tilt nel quadrante Sud
I 15mila uffici privati che verrebbero realizzati accanto allo stadio, muoverebbero oltre 25mila impiegati ogni giorno in un quadrante già in sofferenza. Senza contare i tifosi durante le partite. Tra le opere pubbliche previste ci sono il potenziamento dell’Ostiense-Via del Mare e la metro B fino a Tor di Valle. Ma i disagi più forti si sentirebbero durante i 2 anni di cantieri, quando le infrastrutture non sarebbero ancora pronte ma sarebbero rallentate dai lavori.

La Roma è in affitto Proprietà ai privati
La Roma non sarà proprietaria del nuovo stadio ma pagherà 2 milioni di euro all’anno di affitto. L’impianto sarà di proprietà di una società di James Pallotta, la società statunitense As Roma spv Llc che, attraverso la holding Neep Roma, possiede la squadra. La delibera sul pubblico interesse votata dall’Assemblea capitolina obbliga la holding ad affittare lo stadio alla As Roma per i prossimi 30 anni.

Tevere, pericolo idrogeologico
L’Autorità di bacino del Tevere ha attribuito ad alcuni terreni interessati dal progetto il rischio idrogeologico R4, il massimo esistente. Gli altri terreni sono a rischio R3, il penultimo livello. L’Istituto nazionale di Urbanistica non ha ritenuto sufficienti gli interventi di bonificazione proposti dai privati nel progetto: «Ingiustificata e inammissibile è la proposta di un nuovo, massiccio, quartiere di uffici nella valle del Tevere».

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