Corriere dello Sport (R. Maida) – Un turbine improvviso, un boato fragoroso. In quel movimento, in quella sassata di sinistro, in quell’esultanza a pugni chiusi, c’era l’empatia con il popolo dell’Olimpico, qui riunito dalla speranza di cancellare gli incubi recenti. Ci voleva ancora lui, Romelu Lukaku, per trascinare la Roma fuori da guai.
L’hanno preso per questo, no? E mentre Eusebio Di Francesco si interroga sulla differenza rispetto a Cuni, che è stato “leggermente” meno freddo e preciso sotto porta, Mourinho può tirare un sospirone di sollievo per aver resettato con successo il sistema. Non è stata una bella vittoria ma è stata una vittoria bella: la sfumatura lessicale è nelle condizioni di necessità in cui la squadra, con 5 punti nelle prime 6 giornate, si era attorcigliata.
Era già successo a Torino, quasi a Genova dove è stato fermato da un fuorigioco, è capitato di nuovo ieri contro il Frosinone quando invece era in posizione regolare per pochi centimetri. “Stiamo vivendo un momento difficile – ha detto il protagonista subito dopo la fine, mentre gli altoparlanti suonavano Grazie Roma –. Ma la stagione è ancora lunga e noi dobbiamo concentrarci per migliorare allenamento dopo allenamento, partita dopo partita. Io sono qui per aiutare la squadra, sono a disposizione di questo gruppo che mi ha accolto benissimo sin dal primo giorno. Se riesco a segnare e a portare un contributo sono felice per la Roma”.
L’intesa con Dybala va ancora affinata, nonostante l’assist un po’ casuale ricevuto ieri: “Io mi trovo bene con tutti. Dobbiamo capirci bene, pensare entrambi a come dare il massimo, a come passarci il pallone. Paulo è un giocatore importante, daremo tutto per la Roma”. Con Mourinho invece il feeling è naturale sin dai tempi in cui lavoravano insieme in Inghilterra: “Ci conosciamo perfettamente, parliamo tanto. Sapevamo che questa partita doveva essere vinta, era importantissima. Ora dobbiamo continuare”.