La Gazzetta dello Sport (A.Pugliese) – L’anno scorso era davvero tutto diverso, non fosse altro perché a ogni gol di Dries Mertens ne corrispondeva uno di Edin Dzeko e viceversa. Una rivalità a colpi di reti che è andata avanti un po’ come uno dei fil rouge della Serie A e che alla fine ha visto trionfare nella sfida per il titolo di capocannoniere proprio il centravanti bosniaco della Roma, anche se solo al fotofinish (29 reti, contro le 28 del belga). Un duello che sembra lontano anni luce rispetto alla situazione attuale, dove Dzeko in campionato è fermo a quota 11, cinque gol al di sotto di Mertens. Non un’infinità, è ovvio. Ma comunque una distanza importante. E, soprattutto, una situazione in cui non bastano tre centravanti per farne uno. Nel senso che proprio a quei 16 gol di Mertens la Roma non riesce a replicare neanche mettendo insieme tutte e tre gli arieti del proprio attacco: Dzeko (fermo appunto a quota 11), Defrel (un gol, giunto su rigore venti giorni fa contro il Benevento) e Schick, ancora all’asciutto. Il conto, in totale, dice 16-12 per Mertens. E pazienza se il belga e uno e gli altri tre, questo è tutto un altro discorso.
I TRE CENTRAVANTI – Mai come quest’anno la Roma ha avuto la possibilità di alternare scelte ed opzioni per il ruolo di centravanti. Nel senso che Dzeko, anche in virtù di quanto fatto proprio nella scorsa stagione, è partito titolare e quel posto – nei primi mesi di questo campionato – se l’è tenuto ben stretto a colpi di prestazioni. Nel frattempo a Roma era però arrivato anche Patrik Schick, l’uomo su cui la società ha puntato per fare lo switch con il bosniaco. Insomma, prendo Schick oggi, lo faccio crescere e appena è a certi livelli lo lancio al posto di Dzeko. Per questioni anagrafiche, ma non solo. Tanto è vero che lo switch stava per concretizzarsi già lo scorso mese di gennaio, quando la Roma aveva di fatto ceduto Dzeko al Chelsea (trattativa saltata per il mancato accordo del bosniaco con il club inglese). Il passaggio di consegne arriverà più in là, probabilmente già nella prossima finestra di mercato, quella estiva. Dove poi la Roma deciderà anche che valutazione fare delle prestazioni di Gregoire Defrel, il terzo delle prime punte giallorosse. Arrivato dal Sassuolo per fare il vice Dzeko, all’inizio è stato costretto a sacrificarsi come esterno destro a cui Di Francesco chiedeva anche tanta copertura difensiva. Poi è stato bersagliato dagli infortuni (la botta alla rotula presa a Genova il 26 novembre l’ha tenuto fuori quasi due mesi). Esattamente come Schick, che prima ha dovuto rimettersi in sesto vista la condizione approssimative e poi ha sofferto di parecchi guai muscolari.
LE POSIZIONI – Insomma, il vero problema finora è stato sostanzialmente l’adattamento, sia per Schick sia per Defrel. Anche se poi su entrambi Di Francesco ha in parte cambiato idea in corsa. Su Schick, per esempio, all’inizio il tecnico pensava potesse giocare anche come esterno destro («Le cose migliori alla Samp le ha fatto partendo proprio da lì», ha detto più volte) adesso si è invece convinto che possa essere solo un’alternativa a Dzeko (o, eventualmente, un complemento nel caso di 4-2-4). Defrel, invece, è sempre stato considerato un jolly, nonostante sia arrivato proprio per fare il vice Dzeko (ma prima che si concretizzasse la possibilità di acquistare Schick) ed in quella posizione gli aveva insegnato a giocare Di Francesco nell’esperienza vissuta al Sassuolo. «Ma lui è un jolly, mentre Dzeko e Schick sono più centravanti». Ora il tecnico si augura solo che i suoi tre attaccanti ritrovino presto la confidenza con il gol. Dzeko su tutti, perché resta la prima scelta dell’allenatore. Ma anche Schick e Defrel. E, magari, alla fine tutti insieme si riuscirà anche a fare meglio di quel folletto imprendibile di Mertens.