Corriere dello Sport (R. Maida) – Perché? “Lo volevo al top contro il Bologna”. Mentre la terra gli si sbriciolava davanti, lasciando appena un angusto passo carrabile per arrivare alla partita di domenica, Ivan Juric ha spiegato la rinuncia totale a Dybala nella trasferta di Bruxelles, venuta dopo lo spezzone di partita di Verona. Quando però le telecamere hanno inquadrato la panchina della Roma, con i tre argentini uno di fianco all’altro in attesa di essere chiamati, lo sguardo di Paulo era interrogativo. Sopra ai guanti, alla maglia termica e allo scaldacollo sembrava di scorgere un accenno di perplessità. C’era, in effetti. La delusione dell’emarginazione, forse non voluta ma in qualche modo decretata.
Dybala non è un calciatore come gli altri. Nel talento e, per contro, nella fragilità. Gioca se si sente a posto. Quando entra in scena con la testa al possibile infortunio, diventa involontariamente autolesionista: si blocca davvero. E’ successo per esempio a Boras, in Svezia, sul maledetto terreno sintetico. C’era bisogno di lui per recuperare il risultato contro l’Elfsborg, Juric gli ha chiesto di entrare e poi lo ha perso per la successiva partita di campionato a Monza. Questo è il rischio che giovedì, da allenatore che rifugge i pensieri da ultima spiaggia, ha preferito evitare. Dybala aveva chiesto il cambio contro il Torino, dopo aver inventato il capolavoro della vittoria, e rischiava un nuovo stop. Dovendo scegliere tra il campionato e l’Europa League, considerando anche la modestia del Saint-Gilloise, Juric ha preferito puntare sul giocatore migliore nella sua (probabile) ultima esibizione all’Olimpico.
Vista con il senno di poi, la gestione è stata comunque poco efficiente. Se Dybala non serviva a Bruxelles, perché portarlo a fargli prendere freddo in panchina? Sarebbe stato più produttivo un allenamento vero a Trigoria, senza stress. La sensazione è che Juric abbia pensato di farlo entrare, tanto che a inizio ripresa l’ha fatto scaldare per qualche minuto, ma che abbia cambiato idea perché la Roma era riuscita a segnare. A quel punto, nemmeno il tifoso più pessimista tra i 1.200 dell’Heysel avrebbe temuto che i belgi sarebbero riusciti a pareggiare. E invece è successo, con Paulo che ormai avrebbe avuto poco tempo (15 minuti) per ripristinare la situazione di vantaggio e avrebbe nella foga potuto farsi male. Da qui la decisione di dare spazio a Soulé, rinfrancato dal gol di Verona.
Però Dybala bene non l’ha presa, ecco. Già seccato per essere stato scartato da Scaloni, ct dell’Argentina, si era messo a disposizione della Roma con l’ambizione di sostenerne la risalita. Paulo è consapevole di essere il faro della squadra, “il leader tecnico” di cui lo stesso Juric ha parlato in termini entusiastici dopo la vittoria contro il Torino. Era convinto di poter giocare almeno un’ora in Belgio per poi mantenersi tonico in vista del campionato. Non è stato accontentato anche se è chiaro che nel suo caso non si sia trattato della famosa “scelta tecnica”. Di buono c’è che adesso, volente o nolente, sarà in condizioni ideali per affrontare il Bologna. Gli ha già segnato 7 gol in carriera ma mai con la Roma. Lo scorso anno anzi saltò la partita d’andata insieme a Lukaku, lasciando Mourinho senza i due tenori nel momento del bisogno, mentre al ritorno non riuscì a contenere la superiorità del gruppo da Champions formato da Thiago Motta. Domani tornerà al centro della Roma con l’obiettivo di rilanciare e di rilanciarsi.
Foto: [Michael Campanella] via [Getty Images]