La Repubblica (S. Scotti) – L’infortunio di Dybala, l’espulsione di Zalewski, quella di Lukaku. Tre attimi, e il momento dopo non è più uguale a quello prima.
Quando una squadra finisce in 9 contro 11, anche se l’altra è distrutta da 120 minuti in Coppa Italia, ci si prova anche con i pizzini di Mourinho al raccattapalle da consegnare a Rui Patricio, il disegno della porta e la disposizione su come mettere “Bove ed El Shaarawy” per portare a casa la pelle. Il primo momento che cambia tutto arriva al 23′, Dybala che si tocca il flessore e chiede subito di uscire. Poteva non essere decisivo.
Cinque minuti, un sublime tocco d’esterno dell’argentino, perché l’eleganza non disturba mai, figuriamoci se c’è pure l’efficacia, basta a trovare la persona che più ti capisce. Lukaku, uno che il suo mestiere di centravanti l osa fare maledettamente bene, raccoglie e ringrazia.
Ma Dybala si fa male, quattro assist nelle ultime cinque partite, due gol a Udinese e Sassuolo, e senza di lui la Roma perde qualità e sicurezza nel possesso palla e tende ad abbassarsi nella sua metà campo. La Fiorentina con spazi e coraggio trova subito il pareggio con Martinez Quarta. Nel finale l’intervento inspiegabile di Lukaku