Pagine Romaniste (L.Fantoni) – Tutta la trafila delle giovanili della Roma, la vittoria dello scudetto con la Primavera, e le panchine in prima squadra con Garcia. Christian D’Urso poi ha cominciato la girandola dei prestiti tra Latina, Carpi e Ascoli, per arrivare a giocare poi anche in Grecia, all’Apollon Smyrnis. Dopo una parte di ritiro con Fonseca, è stato ceduto a titolo definitivo al Cittadella dove ha già racimolato 19 presenze e 3 gol in Serie B. Il centrocampista ci ha raccontato i suoi anni in giallorosso e anche la particolare esperienza in terra ellenica:
Come hai passato questa quarantena? Ti è mancato il calcio?
Sono stato fortunato perché passare un periodo così difficile in famiglia è stata la cosa più bella che potessi fare. All’inizio ero da solo a Cittadella e passarla da solo chiuso in casa è stato veramente triste. Non potevo parlare con nessuno, non avevo nessuno a casa. Quando è stato permesso sono tornato nel mio domicilio dove ho trovato la mia fidanzata e tutta la mia famiglia. Devo dire che così mi è pesata molto di meno, soprattuto rispetto ad altre persone che non hanno avuto la possibilità di tornare a casa. Tanti sono i giocatori che l’hanno passata da soli, anche alcuni del Cittadella. Il calcio mi è mancato perché è la mia vita, il mio lavoro. In un periodo così difficile per il paese però il calcio è passato in secondo piano. Ero molto più preoccupato dalla situazione che del ritorno del calcio.
Prima dello stop per il Coronavirus la tua stagione al Cittadella stava andando bene, sia dal punto di vista personale che di squadra…
Sono contento della stagione fatta fino a questo momento. Sia la mia che di tutta la squadra. Io ho giocato quasi sempre e ho anche segnato più volte. Con la squadra abbiamo raggiunto buoni risultati. Eravamo quinti prima dell’ultima giornata, poi siamo passati sesti ma sempre in zona playoff. Stavamo andando bene, peccato per questa situazione. Il Cittadella, rispetto a tutte le altre squadre dove sono stato, la cosa che ha in più sono i compagni per le persone che sono. Non mi è mai capitato un anno dove andassi d’accordo con tutti. Sicuramente è stata la bravura del direttore, del presidente, del mister, di tutti. Ho trovato un gruppo di belle persone. Un gran bella piazza.
Tu hai iniziato nella Primavera della Roma con Alberto De Rossi. Che tipo di allenatore è e quanto ti è servito nella tua carriera?
Alberto De Rossi ha visto passare tanti ragazzi e penso che capisca di calcio. È uno molto competente, un grande allenatore. Mi ha aiutato tanto soprattutto nel trovare il mio ruolo in campo. Lui per primo mi ha messo trequartista e poi me lo sono ritrovato perché molti allenatori mi hanno schierato in quel ruolo, lo stesso Venturato quest’anno. È un allenatore che vuole giocare bene a calcio, che fa giocare bene la squadra. Personalmente a me piace tanto come allenatore. Io credo che sia uno dei pilastri della Roma. Ha una grande responsabilità sulle spalle.
Con Rudi Garcia invece sei andato in panchina qualche volta e ti ci sei allenato spesso…
Io sono innamorato di tutti gli allenatori che propongono calcio e quindi Garcia mi piaceva. Mi è dispiaciuto troppo quando lo hanno esonerato. Purtroppo mancavano i risultati. I giocatori volevano magari qualche giocata in più quando si trovavano in difficoltà ma sono piccole cose che succedono in tutte le squadre. Non c’era nessun problema con l’allenatore, era solo una mancanza di risultati. Purtroppo ci rimette sempre l’allenatore.
Com’è il passaggio dalla Primavera al professionismo?
Si sente tantissimo. Io l’ho accusato parecchio. Nella Roma sei ovattato, quasi coccolato. Tutti si preoccupano per te. Quando esci fuori dalla tua società, nessuno ha più rispetto di te. Spesso incontri persone nel calcio che umanamente parlando non sono il massimo. Te la devi cavare da solo in qualsiasi situazione. È questo il brutto. Mi sono trovato molto in difficoltà nei rapporti umani, perché il mondo fuori era molto diverso da Roma.
Dopo la Serie B hai deciso di andare in Grecia. Come nasce la scelta, a 21 anni, di andare a giocare all’estero e come è andata questa esperienza?
Era il periodo dove in Serie B avevano ridotto le squadre e c’era un po’ di caos. Molte squadre che mi volevano non sapevano in che serie avrebbero giocato. Nel frattempo questa squadra in Serie A greca mi voleva tanto. Con il senno di poi sono molto contento dell’esperienza che ho fatto. All’inizio ero un po’ scettico, avevo un po’ paura. Era tutto diverso. Fortunatamente ero in una città come Atene, con tutti i vantaggi che può avere una Capitale. Sono contento perché mi è servito per crescere come persona. Come giocatore mi sono confrontato con realtà come PAOK, AEK Atene, Olympiacos, che sono società molto forti. Il livello è un po’ più alto rispetto a quello di una Serie B italiana. Il difficile è stato il fatto di dovermela cavare da solo con la lingua, con il trovare casa. Ho dovuto imparare i modi di fare e di vivere diversamente.
Consiglieresti agli altri giovani un’esperienza all’estero?
Si, soprattutto per il livello. In Grecia per esempio sono andato a giocare in un campionato vero e proprio, contro squadre che fanno la Champions League. Molte persone, anche all’interno del calcio, non hanno capito la mia scelta ma io la consiglierei anche agli altri giocatori perché ti fa crescere sia dal punto di vista umano che calcistico.
Hai fatto una parte del ritiro con Fonseca. Come ti è sembrato?
Purtroppo l’ho visto poco. Mi piaceva perché era uno che voleva imbucate e passaggi filtranti. Non voleva che nessuno buttasse palla. Anche l’amichevole che ho fatto, ho giocato bene perché tutta la squadra giocava bene, era il gioco ideale per me. Sono contento che con lui la Roma stia facendo bene perché è un allenatore che gioca.
C’è un giocatore che hai incontrato in Primavera che secondo te avrebbe meritato di esordire con la Roma o che ti impressionava particolarmente?
Uno che ha esordito ti dico Daniele Verde. Quello che invece non ha avuto la possibilità è Josè Machin. Si sarebbe meritato di esordire assolutamente. Sta facendo bene in Serie B.