Il Messaggero (S. Carina) – La coperta giallorossa è così corta che nemmeno un contorsionista saprebbe come rannicchiarsi. Perché al di là dei risultati, a Ranieri sono bastate tre partite per cambiare un po’ la percezione che si ha all’esterno della squadra. Ma non i risultati. E nemmeno i numeri.
Dalle montagne alle colline: i prossimi tre impegni in campionato con Lecce, Como e Parma, prima di salutare l’anno contro il Milan, dovrebbero regalare quei punti necessari per tornare a metà classifica. Condizionale d’obbligo. Perché nella Roma non ci sono più certezze da tempo, nemmeno nei nomi stampati sulle spalle delle maglie. Figuriamoci in campo. Guardate Dovbyk, il Pichichi della Liga, sostituito l’altra sera con Shomurodov, attaccante che Ranieri non faceva giocare nemmeno a Cagliari visto che spesso e volentieri partiva dalla panchina. O Soulé, pagato la bellezza di 30 milioni, che non solo non segna ma fatica anche a tirare in porta.
In campionato lo score recita 0 gol in 2 partite. Con Ranieri stanno finendo gli alibi. Perché anche prima Dovbyk e Dybala segnavano poco ma c’era subito pronta la giustificazione: “Eh ma si sfiancano in fase difensiva“. Con Claudio non accade più. E allora? Tra limiti tecnici e fisici (il ginocchio di Artem e i muscoli di Paulo), la Roma in campionato ha segnato la miseria di 14 reti in altrettante partite e in 5 di queste è rimasta a secco.
Insieme Dovbyk e Dybala hanno segnato appena 6 reti, una in più delle coppie-gol di Empoli, Lecce e Como. L’ucraino inoltre è 9° in Serie A per grandi occasioni fallite (6). Ma visto che gennaio è lontano 4 gare, non resta che sperare che Artem si svegli dal letargo. E che qualche volte utilizzi anche il piede destro.