LA STAMPA (M. DE SANTIS) – Osservato dal salotto di una villa di Ribeirão Preto, il «Mineraizo» ha risvegliato i fantasmi di un incubo del passato. Non del famigerato «Maracanazo», raccontato per interposta persona, ma di un’altra terribile esperienza calcistica vissuta sulla propria pelle: un altro 7-1, datato 10 aprile 2007, come quello rifilato, in un quarto di finale di ritorno di Champions League, dal Manchester United alla malcapitata Roma di Spalletti. Quella notte dalla sparte sbagliata, tra i pali porta romanista, c’era un brasiliano che martedì notte, davanti al televisore, ha capito subito cosa stava accadendo a Belo Horizonte.
Alexander Doni, per tutti Doni, un 7-1 come quello di Old Trafford…
«So che cosa si prova. Il mio amico Julio Cesar, per come si era preparato al Mondiale e per le ottime prestazioni nelle gare precedenti, non se lo meritava».
E allora, che cosa si prova?
«Un fortissimo senso di frustrazione, ma anche di impotenza e di vuoto. Quella notte a Manchester è stata la più brutta della mia carriera» .
E quella di martedì a Belo Horizonte è stata la più brutta nella storia calcistica del Brasile?
«Purtroppo sarà una macchia indelebile e mi dispiace tantissimo per i calciatori. Le assenze di due fuoriclasse come Thiago Silva e Neymar hanno influito, ma la Germania si è dimostrata superiore. La mia speranza è che questa sconfitta non serva solo a piangere per il secondo Mondiale perso in casa, ma a capire gli errori commessi e a costruire un Brasile del futuro più forte».
Si può ripartire da un simile disastro sportivo?
«Dopo una caduta, con il lavoro e l’impegno, c’è quasi sempre una risalita. Dopo Manchester, nel giro di due mesi, ho vinto una Coppa Italia con la Roma e una Copa America da titolare, battendo in finale l’Argentina di Messi, con la Seleçao. Le pare poco?».