La Gazzetta dello Sport (L.Caracciolo) – Discutere Totti? Significa non capir nulla di calcio. Ma passi. Distruggere Totti? Qui entriamo in ambito clinico. Pura follia. Eppure è quanto sta accadendo puntualmente alla Roma. Dove non si capisce chi comandi, con un presidente/assente e una pletora di dirigenti delegittimati o in partenza. E Spalletti nelle vesti di dittatore, funzione eccessiva per qualsiasi tecnico, anche se di notevolissimo ego e di prorompente quanto esoterica dialettica. A Trigoria si sta consumando da mesi il metodico tentativo di liquidare il Capitano. Il quale sarà pure permaloso, passerà anche le nottate a giocare a scopone – chi se ne importa, se poi con due tocchi fa un gol e un (inutile) assist per il disgraziatissimo Dzeko – ma da vent’anni è la Roma. A Roma, in Italia e nel mondo. Picconare Totti, nella speranza che tolga il disturbo e per qualche milione di dollari, lui che indigente non è, vada a confezionare le sue estreme delizie calcistiche in un campo di soccer o sotto la tenda di qualche sceicco, è suicidio.
Alla faccia della cura del brand che la dirigenza (?) americana ha messo in testa alle sue pubbliche priorità. Dice che non corre. Sarà. Ma chi sa di storia romanista ricorderà la sfida in allenamento fra Nils Liedholm e Pietro Vierchowod, anno del secondo scudetto (198283). Il Maestro ormai sessantenne propone al più rapido stopper di ogni tempo un duello: vince chi porta per primo la palla oltre il centro del campo. Vierchowod si schermisce, pensa a uno scherzo. Poi obbedisce. Al via scatta come una freccia, palla agganciata allo scarpino. Liedholm fa due passi e con il suo sempre poderoso sinistro scaglia la palla ben oltre il centrocampo, mentre Vierchowod, cuoio al piede, è ancora a metà tragitto. A ricordarci la regola base del calcio: si segna con la palla, non con il corpo. Per chi scruta a tempo perso il calcio da Boston queste possono apparire sottigliezze. Per noi romanisti da sempre, questo è invece tutto. Anzi, Totti.